Allegato: Solennita dell’Immacolata 2024 – Rito di ammissione e chiusura centenario mons. ferrazzetta
Solennità dell’Immacolata Concezione 2024
Cattedrale di Verona, domenica 8 dicembre 2024
Rito di ammissione agli Ordini sacri e chiusura anno centenario mons. Ferrazzetta
(Gen 3,9-15.20; Ef 1,3-6-11-12; Lc 1,26-38)
“Rallegrati Maria, ricolma del favore di Dio, il Signore è con te”. Dentro queste parole – che abbiamo mandato a memoria sin dall’infanzia nella preghiera dell’Ave Maria – è racchiuso il senso dell’Immacolata Concezione. Questo titolo non fa riferimento tanto al concepimento verginale di Gesù, cui allude il termine “giovane” o “vergine” con cui si designa Maria. Piuttosto fa emergere la condizione della fanciulla di Nazareth che è “ripiena di grazia” perché destinata a diventare la madre del Messia. Così Maria in vista della sua maternità singolare è sottratta a quella sorta di legge di gravità che è il peccato delle origini. Come comprendere questo dato di fede, quando noi si fatica ad ammettere il peccato, riducendolo ad una colpa o ad un oscuro senso di fragilità, figuriamoci il peccato originale? La pagina della Genesi descrive poeticamente la tragedia del peccato che introduce nell’umanità la perdita della familiarità con Dio (“Dove sei?”, dice Dio all’indirizzo di Adamo ed Eva), la perdita dell’innocenza originaria (“Ho avuto paura, perché sono nudo”), la perdita del dialogo all’interno della coppia (“la donna che mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero”).
In mezzo a questo disastro che non fatichiamo a sperimentare anche noi, Maria appare come la donna-madre, tenera e gratuita, che ci riporta al sogno di Dio sull’umanità. Maria, replicando all’annuncio, sembra opporre una chiarificazione (“Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”), ma in realtà è l’occasione per esplicitare il sogno di Dio che l’ha scelta per essere il seno che allatterà, la mano che custodirà, lo sguardo che farà crescere il Figlio di Dio. Non ci sono dubbi su questa identità perché Gesù significa “Dio salva”. Abbiamo talora smarrito questo legame decisivo concentrandoci su Maria a prescindere dal Figlio. Dobbiamo ritornare al vecchio adagio: “Ad Iesum per Mariam”.
“Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. Non è solo la risposta di Maria, ma anche la condizione della sequela cristiana. Ciascuno è chiamato ad incarnare nella sua vita la stessa esperienza di Maria che ha portato nel grembo il Verbo, fino a darlo alla luce. Non siamo destinati a soccombere al male nella misura in cui ritroveremo questo rapporto vitale con il Figlio. Maria aiuta a ritrovare questo legame vitale con il Figlio. Anche se non potremo cullarlo tra le nostre braccia, potremo custodirlo nel cuore, ascoltarlo nelle sue parole, accoglierlo nell’Eucaristia, servirlo nei fratelli e nelle sorelle. Come ha fatto mons. Ferrazzetta, cappuccino, missionario e vescovo. Fu definito “uomo buono e grande pastore tra gli ultimi, capace di sposare l’evangelizzazione alla promozione umana del popolo guineano, per contribuire alla edificazione dell’Uomo Nuovo”. Evangelizzazione e promozione umana, annuncio e prossimità sono le due strade che vi impegnate a percorrere, cari Andrea, Enrico e Luca, per vivere il servizio al Vangelo. Così l’annuncio del Regno di Dio si compirà anche ai nostri giorni, in questo tempo inquieto e desideroso di luce.