La Santa Allegrezza è lo scopo del vivere – Festa di San Giovanni Bosco

Allegato: S. Giovanni Bosco 2025 (Basilica Sant’Anastasia)

San Giovanni Bosco
(Fil 4,4-9; Sal 33; Mt 18,1-5)
Basilica di Sant’Anastasia, venerdì 31 gennaio 2025

Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti”. Se c’è uno che ha raccolto con convinzione l’insistente invito dell’apostolo Paolo è proprio san Giovanni Bosco. Questi individua subito un luogo dove sperimentare questa “allegrezza”, cioè il cortile, perché gli educandi hanno bisogno di amicizia, ascolto, conforto e tutto questo può avvenire tra un gioco e l’altro; tra una partita e una corsa. Correre, saltare, gridare, ridere, cantare non dovrebbero ridursi ad azioni fine a sé stesse, bensì dovrebbero contribuire a creare un clima di familiarità e portare all’allegria. L’obiettivo, infatti, è quello di dar vita ad una “Società dell’Allegria”. Al giovane Francesco Besucco don Bosco dice: «Se vuoi farti buono pratica tre sole cose e tutto andrà bene… Allegria, Studio, Pietà». E puntualizza nel suo metodo educativo: “Si dia ampia libertà – notiamo “ampia libertà, non “il permesso” – di saltare, correre, schiamazzare a piacimento” – a “piacimento” e non “con moderazione” –. Rispetto alla rigidità di certe istituzioni del suo tempo, don Bosco istituzionalizza nelle sue case le attività più congeniali per dei giovani. La “ricreazione” non è una parentesi della vita, ma la condizione per liberare la parte migliore di sé stessi, quella più creativa e originale. Così don Bosco aiuta a ritrovare l’umorismo, la festa, la “santa Allegria”.
Anzitutto l’umorismo. Nell’apparente semplicità di una battuta è racchiuso un concentrato di capacità cognitive, affettive e relazionali che la rendono possibile. Chi non capisce una battuta di spirito, chi non sa ridere per una barzelletta, chi non capisce giochi di parole o indovinelli, è un problema. La vita, infatti, a prenderla sul serio è tutta da ridere. Per questo ridere, anzi sorridere, è un modo rivoluzionario per contestare la realtà, per leggere il mondo in modo alternativo. Ha pure un valore spirituale perché chi sa sorridere tende a non prendersi troppo sul serio, a non sentirsi… l’ombelico del mondo (sic!). Come nella celebre affermazione: “Dio esiste. Ma non sei tu. Rilassati!”.
Poi l’allegria fa riscoprire la festa che non è semplicemente il tempo libero dal lavoro o dallo studio. Nel linguaggio feria è l’opposto della festa. Non a caso d. Bosco si rivolgerà principalmente ai giovani lavoratori per dire che la festa è necessaria per liberarsi dall’ossessione del produrre, ma anche per ritrovare l’orientamento del lavoro. Si lavora per la festa e non si festeggia per lavorare. Per questo la domenica è il primo giorno della settimana e non l’ultimo, cioè il week end. Perché è la festa la vocazione dell’uomo prima del lavoro.
Insomma, la “santa allegrezza” è lo scopo ultimo del crescere e del vivere. Capita qualche volta di incontrare ragazzi chiusi, tristi, depressi. Don Bosco direbbe loro quel che diceva a Domenico Savio: «Noi qui facciamo consistere la santità nello star molto allegri».

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