Venerdì della XXVIII per annum – Ingresso don Luca Freoni
(Rm 4,1-8; Sal 31; Lc 12,1-7)
San Pietro in Cariano, venerdì 17 ottobre 2025
“Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia”. Le parole di Gesù non potrebbero essere più nette. Il tono duro e intransigente si spiega con l’approssimarsi della fine del Maestro che sa di camminare ormai incontro alla morte. Per questo non esita a chiamare ipocriti quelli che gli stanno di fronte. Qui però occorre fare attenzione al termine perché i farisei prima che ipocriti sono figure drammatiche. Non vanno sbrigativamente intesi come incoerenti, doppi, teatranti. Si trattava, infatti, di persone che si distinguevano per rigore e impegno. In che consiste allora l’ipocrisia da cui guardarsi? Nella pretesa di fare la differenza quando è in gioco Dio, come se dipendesse dal nostro buon comportamento l’esito di questo incontro. Che resta sempre un dono e mai un debito. Come dice chiaramente l’Apostolo Paolo ai cristiani di Roma: “Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia... indipendentemente dalle opere”. La comunità dei cristiani è resa giusta non da quello che fa ma da quello che crede. Questo non vuol dire disimpegno, ma riconoscimento che credere è la prima cosa. E imparare a credere è il primo obiettivo di una parrocchia!
“Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla… Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!”. L’uso della parola ‘amico’ decide della qualità della vita tra cristiani. Non siamo soci, colleghi, fratelli, compagni, ma amici. Il che sta a dire qualcosa insieme di più universale e di più concreto. L’amico chiunque esso sia è non soltanto uno pari a noi col quale stabilire una relazione di qualità, ma è anche uno su cui posso poggiare il capo in qualsiasi momento della vita. L’amicizia che in senso macro diventa amicizia sociale è ciò a cui fa riferimento papa Francesco nella sua Enciclica Fratelli tutti dove si intuisce che il destino del mondo è legato a questa possibilità di superare le differenze e i pregiudizi in nome di questa capacità di incontro che non è priva di fatiche, ma è l’unica veramente generativa. Ciò significa che esiste un conflitto sempre possibile, ma non va assimilato soltanto alla guerra, all’aggressività e alla violenza. In realtà, il conflitto può essere considerato un dialogo nel reciproco riconoscimento, basato sul confronto (agòn) che consente di mantenere la propria identità nella reciprocità. Una parrocchia è una “comunità alternativa” rispetto a quelle dettate soltanto da interessi o da hobbies. Tale legame è rassicurante perché fa sentire dentro una trama di relazioni che non fa sentire mai da soli.
Auguro a don Luca che stasera raccoglie il testimone da don Giuliano di avviare il suo percorso qui a san Pietro in Cariano, costruendo insieme a voi una Chiesa che sia consapevole di essere un dono di Dio e sostenuto da una qualità delle relazioni che fa dell’amicizia con Cristo e tra di voi la radice di un incontro decisivo.
