Esequie di Giordano Veronesi

Martedì della III per annum 2025

Allegato: Esequie di Giordano Veronesi, Martedì della III per annum 2025

Esequie di Giordano Veronesi – Martedì della III per annum 2025
(Eb 10,1-10; Sal 40; Mc 3,31-35)
Basilica di Sant’Anastasia, martedì 28 gennaio 2025

“Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. La domanda di Gesù, quando lo informano dell’arrivo dei suoi familiari, può apparire, a prima vista, cinica e anche un po’ stizzita. In realtà, fa seguito alle accuse che gente del suo stesso clan familiare ha espresso, sostenendo che egli è “fuori di sé”. Che Gesù abbia deluso le aspettative dei suoi familiari e suscitato la loro preoccupazione è un dato di fatto che si riscontra anche dopo la sua visita ormai trentenne a Nazareth, quando, visto il rifiuto dei suoi concittadini, commenterà non senza un pizzico di amarezza: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (Mc 6,4).
A Verona, Giordano, che oggi salutiamo tutti insieme, ha sempre goduto di un riconosciuto apprezzamento, ma anche lui può essere definito un uomo “fuori di sé”. Per il suo stile discreto e concreto e per quel suo sapore di terra, che lo accreditava come persona semplice e affidabile. La sua parola ricorrente era la parola ‘umiltà’ che significa essere vicini all’humus della terra, essere vicini a tutti gli uomini, a qualsiasi classe sociale appartengano. Da questo punto di vista, Giordano è stato un uomo “fuori di sé”: ha amato la sua famiglia, ma senza mai scadere nel familismo. Al contrario di questo, infatti, ha sempre avuto uno sguardo allargato che nella sua esperienza di imprenditore lo portava a rivolgersi a tutti i suoi collaboratori e dipendenti. Di questi non “mollava” nessuno e aveva la grande dote di trovare in ciascuno il lato positivo e la sua qualità migliore.
Giordano è stato un uomo “fuori di sé” anche per altre due caratteristiche: la sua passione per la bellezza e la sua ricerca della fede. La bellezza: uomo colto, amava studiare e amava molto la musica e la lirica, che voleva far conoscere al mondo, prodigandosi per questo nella raccolta di fondi perché la lirica areniana fosse sempre più largamente conosciuta e apprezzata in Italia e nel mondo, anche attraverso la Fondazione “Arena” della quale fu l’artefice. La fede, da ultimo, ma non certo per ultimo: mi ha confidato don Giacomo, parroco di S. Anastasia, di quando Giordano gli si rivolse candidamente chiedendo: «Posso farle da chierichetto?». Questa insolita richiesta per un top manager non tradiva una regressione infantile o una nostalgia insuperabile, quanto il senso ultimo della sua vita. Non l’accumulo seriale, ma la condivisione felice è stato il suo modo di “stare al mondo”, riflesso di una personale convinzione che non l’ha mai abbandonato e cioè la sua fede cristallina in Dio a cui tutto appartiene e a cui tutto torna. Giordano ha visto il mondo “fuori di sé” e per questo è stato così “dentro” al mondo, fermentandolo dall’interno. Quando la moglie Nini gli proponeva uno stacco dal lavoro e una vacanza in qualche meta lontana, Giordano le diceva sempre: «Vai tu, perché io ho tanto da fare. Tra l’azienda e l’indotto devo preoccuparmi di 20.000 famiglie». Questa volta invece è partito lui per il viaggio definitivo della vita. Anche questa volta “fuori di sé”.

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