Cercare Dio in tutte le circostanze – Cuore Immacolato di Maria (50.mo morte di S. Josemaria Escrivà de Balaguer)

Allegato: Cuore Immacolato di Maria

Cuore Immacolato di Maria (50.mo morte di S. Josemaria Escrivà de Balaguer)

Cattedrale di Verona, sabato 28 giugno 2025

(Is 61,9-11; 1 Sam 2,1.4-8; Lc 2,41-51)

Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”, dice Maria al dodicenne Gesù, il quale si è sottratto al loro sguardo nel caos del pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme e ora finalmente se lo ritrovano davanti agli occhi. La replica di Gesù è, però, francamente raggelante: “Delle cose del Padre mio devo occuparmi”. I genitori pensano di aver ritrovato il figlio e lui dichiara di essere figlio di un Altro. Per questo l’evangelista annota sconsolato: “Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro”. Come tutti i genitori, Maria e Giuseppe presagiscono che alla fine i figli non sono i nostri, appartengono a Dio, al mondo, alla loro missione, ai loro amori, alla loro vocazione, ai loro sogni, persino ai loro limiti.  San Josemaria era il secondo di sei figli. I suoi genitori, Josè Escrivá Corzan e Maria Dolores Albàs Blanc, gli impartirono una solida educazione cristiana. La sua infanzia non fu priva di difficoltà e sofferenze. Le sue tre sorelle minori morirono quando erano molto giovani e lui stesso rischiò di morire all’età di due anni a causa di una malattia. In seguito, quando Josemaría aveva 13 anni, suo padre perse il lavoro e tutta la famiglia dovette trasferirsi a Logroño. Questa serie di eventi sfortunati ha reso la famiglia Escrivá particolarmente unita, lottando per mantenere la fiducia in Dio e la gioia in mezzo ai problemi. Parlare dei genitori significa far memoria che i figli sono quello che hanno ricevuto a casa. Quel che siamo e ancor prima quel che diventeremo è legato alla semina che abbiamo ricevuto in famiglia. Nessuno, infatti, si fa da solo, ma ciascuno è plasmato dall’amore ricevuto. Gesù fu letteralmente plasmato dall’amore immacolato di Maria e da quello altrettanto limpido di Giuseppe. Cosicché la bellezza, la trasparenza e la generosità degli affetti ricevuti si riversarono sulla sua esperienza di vita. Altrettanto è stato per san Josemaría.

Dà da pensare poi l’atteggiamento contemplativo di Maria che “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Cosa conservava Maria? Conservava la parola di Dio, la parola non capita, la risposta brusca, i fatti che stupivano, i semi seminati e non fioriti. Diventare pensanti e non istintivi, imparare ad ascoltare Dio insieme agli altri è un’attitudine che si impara stando in chiesa che è il luogo dell’ascolto per eccellenza. La verità è che viviamo a pelo d’acqua e così ci sfugge la profondità del mare. Se fossimo capaci di riempire di luce, di tenerezza, di generosità le realtà che dal grigio quotidiano ci vengono incontro, la nostra vita di ogni giorno ne sarebbe trasformata, trasfigurata. Josemaría “inventò” chiacchierate settimanali che chiamò “circoli di San Raffaele”, dove si parlava, e si parla tuttora, del Vangelo, di riscoprire il valore della Messa e della preghiera personale, dedicando particolare cura alle virtù cristiane proprie di un laico: la laboriosità, l’amicizia, il fidanzamento e il matrimonio, la disciplina, l’attenzione verso i disagiati, la libertà di opinione, in politica e nella professione. Come “il cammino di san Josemaría” ha insegnato a fare cercando Dio in tutte le circostanze più quotidiane della vita, così dobbiamo continuare a fare.

 

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