«In un mondo che tende all’individualismo, la partecipazione di popoli per quanto sta succedendo in Terra Santa evidenzia che c’è una coscienza collettiva che ha il senso della fraternità, della giustizia, della dignità, dell’umanità»: così il cardinal Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini in videocollegamento in diretta con la cattedrale di Verona nella serata di giovedì 25 settembre, nell’anteprima della rassegna Poeti sociali (1-5 ottobre).
Accolto da un lungo applauso dal migliaio di presenti e introdotto dalle parole del vescovo Domenico Pompili – che ha ricordato lo storico e forte legame tra la Chiesa di Verona e quei luoghi, soprattutto attraverso la solidarietà e i pellegrinaggi – Pizzaballa ha dialogato per circa 90 minuti con il direttore artistico di Poeti sociali Daniele Rocchetti e con i partecipanti.
«La situazione è in continuo peggioramento – ha sottolineato – con i palestinesi a Gaza che fanno i conti con la mancanza di cibo, acqua e medicinali, con i bombardamenti e un clima pesante che fa perdere fiducia e lascia sempre più spazio agli estremismi; quelli in Cisgiordania assistono impotenti a coloni che si possono permettere ogni tipo di sopruso senza che nessuno li fermi». In generale, tra israeliani e palestinesi, dal 7 ottobre 2023 ad oggi, è andato a crearsi un solco profondo e doloroso che difficilmente sarà superabile in breve tempo, perché «non c’è più spazio per l’altro e per il dolore dell’altro».
In tutto questo, per il Patriarca l’unica via percorribile è quella del trinomio “giustizia – verità – perdono”: «Vediamo ingiustizie ed umiliazioni tutti i giorni a cui non vogliamo arrenderci; dobbiamo essere capaci di dire la verità con uno stile propositivo e senza per forza erigere barriere; non c’è poi altro modo che il perdono perché la violenza genera violenza, mentre dobbiamo far emergere il desiderio del perdono».
Davanti al «crimine immane perpetuato da Hamas il 7 ottobre» e alla risposta «ingiustificabile e sproporzionata» di Israele «la soluzione di due popoli e due Stati rimane l’ideale anche se in questo momento non è reale». Per i cattolici in Terra Santa, piccolissima minoranza, c’è una vocazione specifica secondo Pizzaballa, che «è prima di tutto vivere da cristiani, affidandosi alla preghiera anche come modo di non lasciarsi schiacciare dalla violenza; scegliendo di non rinchiudersi nell’isolamento ma di insistere sul senso di comunità, sulla solidarietà, sull’apertura all’altro; testimoniando la propria fede che si fa carità, con gesti di luce e coraggio. La storia ci dice che questa terra è segnata da conflitti, per cui dobbiamo accettare di stare dentro questa situazione, scegliendo però il modo di farlo».
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