Allegato: Festa di san Giuseppe lavoratore 2025
Festa di san Giuseppe lavoratore 2025
(Gen 1,26–2,3; Sal 90; Mt 13,54-58)
Santuario Madonna della Corona, giovedì 1° maggio 2025
“Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra” (v. 28). C’è chi legge male queste parole dell’antico racconto dell’origine del mondo, pensando di ritrovarvi la radice della crisi ecologica. In realtà, “fecondità”, “moltiplicazione”, “riempire” e perfino “soggiogare” indicano tutte azioni proattive che significano generare, implementare, accrescere e orientare la creazione. Grazie a quell’attività tipicamente umana che è il lavoro. Nulla a che vedere con quel processo di inetta azione predatoria che sta sottraendo al pianeta risorse per lo più non rigenerabili. Il lavoro diventa così non soltanto qualcosa da fare, ma ciò che fa agire l’uomo in direzione di una cultura che è un modo per custodire e coltivare la terra. Ci siamo allontanati da questa percezione. Ma più profondamente il lavoro è “un’alleanza sociale generatrice di speranza”. Per questo “la tutela, la difesa e l’impegno per la creazione di un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, costituisce uno dei segni tangibili di speranza per i nostri fratelli, come Papa Francesco ci ha indicato nella Bolla di indizione dell’Anno giubilare (cf. Francesco, Spes non confundit, 12)”. La “mano invisibile” del mercato non è sufficiente a risolvere i gravi problemi oggi sul tappeto. È la nostra mano visibile che deve completare l’opera di con-creazione di una società equa e solidale e continuare a seminare speranza.
“Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname?”. Giuseppe è un carpentiere più che un falegname. Ciò spiegherebbe meglio, tra l’altro, il carattere da imprenditore di sé stesso che fu proprio di Giuseppe. A mezz’ora di cammino da Nazareth, sorgeva Seffori, una delle più grandi città della regione, che era stata distrutta dai Romani nel 4 a.C. per via di una ribellione. Il Tetrarca della Galilea, Erode Antipa, aveva deciso di ricostruirla e farne la capitale del suo regno. La città, ribattezzata Autokratis, doveva avere un piano urbanistico simile alle città greco-romane, con un teatro da 5.000 posti. È possibile che in un cantiere di queste dimensioni che durò per parecchi anni Giuseppe potrebbe aver lavorato. Questo “cantiere” è per noi il tempo che ci attende, dopo il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Non basta avere risorse in abbondanza se non siamo capaci di finalizzarle ad uno sviluppo che sia integrale, equo e sostenibile.