“Spesso si giudica in base all’apparenza” – Santa Messa a Malcesine

Allegato: Malcesine – missione popolare

Venerdì della IV di Quaresima
Malcesine – missione popolare
(Sap 2,1a.12-22; Sal 34; Gv 7,1-2.10.25-30)
Malcesine, venerdì 4 aprile 2025

Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne”. Era questa la festa più popolare e più vivace, la festa agricola della raccolta dei frutti in autunno. Si beveva vino nuovo e si danzava nelle vigne. La memoria dei 40 anni trascorsi nel deserto faceva da sfondo e per questo abitavano dentro delle tende per rivivere la precarietà, ma anche la gratitudine per quanto JHWH aveva riservato al popolo. Per i parenti di Gesù sarebbe stata un’ottima occasione per manifestarsi, ma il giovane Rabbi preferisce introdursi con discrezione, senza toni forti, consapevole che il suo destino di morte e di resurrezione sta avvicinandosi. La distanza tra Gesù e i parenti è poca cosa rispetto alla serie dei pregiudizi degli uomini religiosi del suo tempo, che riecheggiano il testo della Sapienza proclamato nella prima pagina: “Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni… ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade”. Il rifiuto dei suoi è legato ad una questione che si fa strada sotto forma di domanda.

Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia”. Del Messia si credeva che sarebbe nato a Betlemme, ma fra il popolo era diffusa l’opinione che sarebbe vissuto nascosto in qualche luogo segreto, forse anche in cielo, fino alla sua apparizione a Gerusalemme. Difficile capire come sorse una simile idea, non del tutto falsa: Gesù infatti visse nascosto fino alla sua attività pubblica a Nazareth. Tuttavia, la presa di posizione dei giudei conferma che spesso si giudica in base all’apparenza e alle poche cose che sappiamo dall’esterno. Per questo i nostri giudizi sono sbagliati. Perciò il Vangelo ci proibisce di giudicare gli altri.

Cercarono allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora”. Si tratta di una interpretazione di un fatto e cioè che ancora non mettono le mani su Gesù. Ma dietro c’è una chiara intenzione teologica e cioè Gesù va incontro alla morte consapevolmente e non perché all’improvviso gli accada qualcosa. Tutto rientra nel piano di Dio che però è sconosciuto così come non è conosciuto il fatto che Gesù viene da Dio e a Lui ritorna. Questa prospettiva che dice di una origine e di una meta è quello che sfugge anche a noi che viviamo schiacciati sul presente senza passato e senza futuro. Riconoscere questa mancanza di conoscenza sarebbe un atto di realismo e ci aiuterebbe a convincerci che camminiamo come randagi senza meta e senza scopo. Se viene a mancare la conoscenza di Dio, cioè l’avvertenza della sua presenza, il rischio è di diventare ciechi e di procedere a tentoni. Per questo la libertà di Gesù che va al Tempio senza darlo a vedere e si confronta coi suoi avversari senza timore dà da pensare. E incoraggia ad affrontare le nostre avversità senza demordere. Prendendo a ideale la figura della Madre che si staglia tra parenti e correligionari come l’unica che custodisce il segreto del Figlio nel suo cuore, seguendolo con amore e premura di discepola.

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