La luce è la vita – Messa Natale casa circondariale Montorio

Allegato: 24_12_2024 – la luce è la vita – natale casa circondariale montorio

Messa di Natale

Casa circondariale, 24 dicembre 2024

“Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”. Così l’evangelista Luca descrive il Natale di Gesù di Nazareth. Come mai è potuto accadere che il bambino sia stato sostituito dal faccione rubizzo e svampito di Babbo Natale? Come è stato possibile che un vecchio ormai cadente abbia preso il posto di una creatura appena sbocciata? Non è solo l’effetto di una astuta operazione commerciale, ma l’esito di una rimozione collettiva. Il rischio del Natale è, infatti, di divenire una ricorrenza, una vacanza o un generico richiamo a valori universali, quali la bontà, la pace, la famiglia. Ma così perde il suo pungolo. Che è questo: incantarsi dinanzi alla vita nascente e vincere la paura della morte.

Se ci giriamo intorno sembra, in effetti, che siamo ‘occupati’ più a morire che a nascere, come cantava anni fa Bob Dylan, in una sua canzone dedicata alla guerra in Vietnam (It’s Alright, Ma, I’m only Bleeding). Ce lo dice il trend demografico che è in caduta libera, complice un numero insospettabile di aborti. Ma ce lo lascia intendere anche la censura sul futuro: si investe solo sull’attimo fuggente e niente va preferito alla gratificazione istantanea. Lo aveva intuito Pasolini che parlava della droga come di un ‘surrogato’ della cultura popolare, fatta di scelte concrete e solidali. Un po’ come la mangiatoia che rimanda a qualcosa di essenziale e di fecondo, anche se maleodorante.

Tornare alla mangiatoia è l’invito del Natale. Per farlo occorre alzare la mangiatoia e non abbassarla. La mangiatoia, infatti, non è solo un simbolo di aderenza al concreto e al possibile “qui e ora”, ma è anche la manifestazione di Dio che ama nascondersi dentro ciò che è fecondo e generativo e detesta ciò che è appariscente e sterile. Dio è così: silenziosamente all’opera senza dover esibire sé stesso, ma lasciandosi quasi cancellare dalla storia. Sta a ciascuno di noi scoprirlo nelle pieghe della vita quotidiana, nel chiaroscuro di ogni giorno. Tanti anni fa arrestarono una giostraia per un furto in un’abitazione, la misero in una cella da sola, senza televisione e fornellino, sola con una branda e una coperta, lontana dalle altre, senza poter comunicare per un mese oltre quel portone di ferro che le trasmetteva un’infinita tristezza. La cella era molto deprimente, e lei non riusciva a scaldarsi. Nonostante tutto questo non ha mai pianto e non si è mai sentita sola: pregava tutti i giorni e parlava con Dio, e la sua fede la portò fuori dal tunnel della solitudine e della disperazione. Fissava per ore la luce del giorno fuori dalla finestra e ascoltava i suoni e le voci delle ragazze che durante il giorno andavano all’aria: così si sentiva meno sola. Dopo un mese la portarono in udienza e la discolparono e tornò ad essere una donna libera, ma quella esperienza le è rimasta dentro. La luce è la vita. A Natale la luce è il Bambino che nasce e noi con lui rinasciamo. Perché vivere è rinascere continuamente alla luce.

 

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