Esequie di don Abraão Paulo Chissingui Lohoca

Allegato: Esequie di don Abramo, martedì della II settimana di Avvento 2024

Martedì della II settimana di Avvento 2024
Esequie di d. Abraão Paulo Chissingui Lohoca
( Is 40,1-11; Sal 96; Mt 18,12-14)

“Consolate, consolate il mio popolo”: così inizia la seconda e magnifica parte del libro profetico di Isaia.
Se nei primi 39 capitoli il messaggio di Isaia era dominato dall’oscurità, a partire dal capitolo 40 il profeta porta un messaggio di grande consolazione: dopo le tenebre risplenderà la luce. I profeti erano persone veramente strane.
Mentre tutti gli altri dicevano “luce!” i profeti dicevano “tenebre!”. Ma quando gli altri cominciavano a dire “tenebre!”, i profeti cominciavano a dire “luce!”.
Anche oggi che tutto dice “tenebre”, la parola profetica ci spiazza perché insiste a dire: “luce”.
Nonostante noi siamo qui attoniti accanto al corpo inanimato di don Abramo: un troppo giovane presbitero angolano che era venuto proprio a Negrar per curarsi.
In questo lasso di tempo don Abramo si è fatto conoscere delicato e riservato e ora è veramente buio senza di lui.
La parola profetica, in forma poetica, insiste. E dice: “Parlate al cuore di Gerusalemme… Una voce dice: «Grida», e io rispondo: «Che cosa dovrò gridare?». Ogni uomo è come l’erba e tutta la sua grazia è come un fiore del campo”. Il fatto che l’immagine dell’erba seccata e del fiore appassito si ripeta più volte ci fa capire quanto è cruciale imparare che la vita umana è fragile e fugace. Viviamo tutti come se non fosse così. Ci occupiamo spesso di cose banali e trascuriamo quelle più importanti. Pianifichiamo giorni, settimane, mesi e anni come se ci fossero garantiti per sempre
e ci arrabbiamo quando qualche imprevisto capovolge tutto, ricordandoci che tale certezza è solo un’illusione. Sapere quanto siamo fragili e fugaci non basta però se non ci porta a sperimentare – come fa Isaia – la fermezza e la forza della parola di Dio. Questa, a differenza dell’erba che si secca e del fiore che appassisce, “dura per sempre”. In questo momento occorre aggrapparsi non ai nostri stati d’animo, ma unicamente a Dio. Come don Abramo che si è teneramente affidato a Lui.
“Alza la voce, non temere;… «Ecco il vostro Dio!»”. Se ogni carne è solo erba secca mentre la parola di Dio dura per sempre, allora non bisogna temere di “alzare forte la voce”. E per quale buona notizia? Non meno e non più di questa: “Ecco il vostro Dio!”. Non possiamo essere veramente consolati – né ora nelle nostre afflizioni, né nel futuro quando arriverà la nostra ora – senza Dio. Dio stesso è la consolazione “che supera ogni intelligenza” e che “custodisce i nostri cuori” (Fil 4,7). E Gesù ce lo fa comprendere attraverso la parabola appena proclamata: “Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?… Se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda”. Neanche don Abramo, anche se sembra perso, come lo saremo tutti noi, è destinato a smarrirsi perché Dio non vuole che alcuno si perda, ma tutti abbiamo la salvezza, cioè la vita per sempre. Questo vuol dire credere e sperare.

condividi su