Allegato: 175esimo anniversario del forno Bonomi
Sabato della X settimana per annum 2025
175esimo anniversario del Forno Bonomi
(2 Cor 5,14-21; Sal 102; Mt 5,33-37)
Roverè Veronese, sabato 14 giugno 2025
“Avete inteso che fu detto agli antichi: non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. La terza delle antitesi – dopo il “non ucciderai” e il “non commetterai adulterio” – verte sulla comunicazione e sulla verità. All’origine di questa antitesi doveva esserci l’esclusione di ogni giuramento e questo di fronte alla prescrizione dell’AT di non giurare il falso (Es 20,16) e di adempiere i voti fatti (Sal 50,14). In effetti, quando si fa ricorso al giuramento mettendo in mezzo la testa propria, quella dei figli, addirittura quella di Dio, è già il segno che non siamo credibili. Per questo si ricorre ad una terza istanza che funga da garanzia, ma questo ricorso è già un segno di debolezza. Il rischio è sempre quello di nascondersi dietro ad un altro e di non metterci la faccia. Quel che vale oggi potrebbe non valere domani. Se penso a questa realtà industriale, ritrovo che qui non è mancato chi nel tempo ci abbia messo la faccia e perciò abbia accresciuto la sua credibilità nel nome dei fatti prodotti. Una impresa economica non è mai riducibile alla mera attività economica, ma sempre all’impegno umano che sviluppa il lavoro che è opera artigianale.
“Ma io vi dico: non giurate affatto… Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello”. Gesù mette in evidenza che il giuramento suppone sfiducia nel valore della semplice parola comunicativa tra persone. Il Maestro intende così togliere il presupposto su cui esso si regge, cioè lo svilimento del semplice dire nel sospetto reciproco dell’inganno. Il mondo giudaico, invece, nel quale si faceva molto uso del giuramento, si preoccupava di evitare il nome di Dio. Si giurava chiamando a testimone il cielo o la terra o Gerusalemme. Si prestava giuramento anche sulla propria testa. Ma alla fine non ci si metteva la faccia mai.
“Sia invece il vostro parlare: ‘Sì, sì’; ‘No, no’, il di più viene dal Maligno”. È diventato un proverbio per dire che la parola deve essere netta, senza retro-pensieri, affidabile. Occorre tornare ad una identificazione tra quello che pensiamo e quello che diciamo, tra quel che crediamo e quel che facciamo. Soprattutto oggi in cui la cosiddetta “Intelligenza Artificiale” rischia di produrre più che di raccontare la realtà. Siamo di fronte a un bivio: dare peso alla parola o svuotarla di peso. L’invito di Gesù è a dar seguito a quel che proferiamo verbalmente. Questo opificio è una parola senza sbavature, nitida e concreta che dice di una famiglia e di una serie di famiglie che qui hanno investito e vogliono investire per dare un futuro a questo lembo di terra e per dare continuità ad una esperienza economica che negli anni è andata consolidandosi e affermandosi in tutto il mondo. La leggerezza dei savoiardi unita alla loro dolcezza sia un simbolo di una realtà economica che affini le sue potenzialità commerciali e consenta a tante famiglie ancora di poter vivere in questa terra e da questa terra servire la vita in tutte le parti del mondo.
