Una logica concreta e disinteressata – Messa per Telepace

XXII domenica per annum 2025

(Sir 3,17-20.28-29; Sal 67; Eb 12,18-19.22-24a; Lc 14,1.7-14)

Santuario Maria Stella dell’Evangelizzazione in Cerna, sabato 30 agosto 2025

 

“Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti”. Il Maestro non soggiace alla curiosità dei suoi commensali che sicuramente stavano osservando l’originale Rabbi di Nazareth. Ma si mette Lui stesso ad osservare. Nota quanti sgomitano e si muovono con ineleganza per accaparrarsi i primi posti e dice, sbaragliando i suoi giudici improvvisati: “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto”. Non è questione di etichetta, di semplice norma di buon comportamento. C’è ben altro in gioco. Gesù poi si rivolge al padrone di casa e lo sferza con un invito senza peli sulla lingua: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini”. La logica che governa i rapporti è sempre improntata a un calcolo, più o meno manifesto. Si impone così un circolo vizioso: si fanno solo le cose da cui ci si aspetta un ritorno di qualsiasi genere: materiale o di immagine. Ma questa non è la logica di Dio. Per Gesù non giova calcolare, ma solo assecondare l’impulso del cuore, senza dover misurare il ritorno. Solo così si lascia spazio a Dio che diversamente è relegato ad essere un convitato di pietra che non aggiunge o non toglie nulla alle nostre azioni. Dio, al contrario, entra solo laddove si crea un vuoto e uno spazio da riempire. Di qui l’atteggiamento sano che è fare le cose per sé stesse gratuitamente e, dunque, modestamente. Non c’è bisogno di mettersi in vista, ma solo di lavorare in silenzio sotto lo sguardo di Dio.

“Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”. La ricompensa cui tutti aneliamo può venire solo da Dio. Solo Lui è in grado di compensare lo scarto, il fallimento, la distruzione. È questa la prospettiva che riscatta da quell’inelegante spettacolo che è la fiera delle vanità. Oggi amplificata dai social dove ognuno vuol cantare le gesta e la vita quotidiana, esponendosi allo sguardo impudico di tutti. Al contrario, attendere e cioè sperare nella “ricompensa alla risurrezione dei giusti” vuol dire puntare su altro. Significa allargare l’orizzonte e non lasciarsi rimpicciolire dentro logiche anguste e asfittiche che tolgono serenità e pace. Dietro tanti vissuti esasperati c’è un voler vivere sempre a mille che ci deforma e ci fa perdere il contatto con la terra. Perché umiltà è stare coi piedi per terra. Ci vuole però quell’umiltà e quella mitezza di cui parla la prima pagina con parole poetiche: “Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore”. Don Guido che voleva essere sepolto accanto alla fontana del cimitero di Cerna cioè ad un lato, è stato per noi quell’uomo discreto e concreto che ha fatto tanto per altri senza mettersi mai in mostra. La sua Telepace potrà continuare se ci saranno persone disposte a seguire la stessa logica concreta e disinteressata. Altrimenti non sopravvivrà al suo Fondatore

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