23 novembre 2025

Un vero capo non comanda, ma ispira

Ingresso don Carlo Dalla Verde nella chiesa di San Tomaso Cantuariense

Cristo Re 2025 (Ingresso don Carlo Dalla Verde)
(2 Sam 5,1-3; Sal 122; Col 1,12-20; Lc 23,35-43)
Chiesa di San Tomaso Cantuariense, domenica 23 novembre 2025

In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. Gesù sulla croce, tirando fuori ciò che gli resta di respiro, sussurra così a chi gli è accanto. Fino ad allora, ha fatto silenzio dinanzi alle provocazioni sarcastiche dei capi accusatori: “Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto”; non ha detto una parola davanti alle urla degli stessi soldati romani che lo deridono dicendo: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”; e ancora ha stretto i denti quando l’altro malfattore addirittura lo ha insultato: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. Quando però Disma, che secondo la tradizione sarebbe il nome del buon ladrone, lo implora: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”, finalmente apre la bocca per un istante. Disma è colpevole almeno quanto l’altro di omicidio e di violenza. Tuttavia è uno che riconosce la propria colpa senza compiacersene. Cerca uno spiraglio di senso nell’incomprensibile, un appiglio che gli permetta di non affogare davanti alla morte. Vien da pensare alla brutale aggressione ai danni di un 21enne, ridotto quasi in fin di vita. Dopo aver colpito Davide, i quattro scriteriati si sono scambiati messaggini irridenti e sprezzanti.

Gesù, peraltro, col suo silenzio e con le sue parole svela chi è e che senso hanno le parole poste sulla sua testa. Gesù è riconosciuto come re, ma è un re… nudo. Nel senso stretto del termine. Non ha neanche un panno che copra le sue parti intime, come hanno poi fatto tutti gli artisti. È nudo come un ‘verme’, come chi non pensa per niente a sé stesso e finisce per attrarre a sé, proprio in virtù di questa sua apparente impotenza.  Regnare è servire. E non si può guidare gli altri senza perdersi e senza perdere i propri interessi, le proprie aspirazioni, i propri obiettivi. Non è così per i genitori? Quanti passi indietro quando è in gioco il bene dei figli? E quanti problemi, al contrario, quando gli adulti finiscono per mettersi avanti rispetto a chi sta crescendo? Chi comanda deve servire e non spadroneggiare, deve esercitare il potere per il bene di tutti. Allora ha senso prendersi questa responsabilità e non per pavoneggiare sé stessi. Ma è vero anche il contrario e cioè che chi serve finisce per comandare, nel senso di orientare. Non nel senso di spadroneggiare, ma in quello di attrarre. Per questo la guida richiede umiltà, coraggio e chiarezza. E non ci si limiti a dire: “Va’ a farlo!”, ma “andiamo a farlo!”. Oggi abbiamo o il potere senza servizio o il servizio che rinuncia a guidare. Un vero capo non comanda, ma ispira, traduce così la visione in realtà. Comandare, pertanto, è servire e servire è comandare.

Stasera don Carlo è stato indicato come co-parroco di queste tre parrocchie in attesa a giugno di diventarne il parroco, succedendo definitivamente a don Romano che ringraziamo per il suo lungo e generoso servizio. L’augurio, caro don Carlo, è che tu serva come meglio puoi a Veronetta, facendo sì che questo spicchio di bellezza e di vitalità possa essere un ulteriore ambito di vita di una città come Verona che non può essere circoscritta al solo centro storico, ma ha in essa tante anime che la rendono unica.

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