Un folle senza Dio e il folle di Dio: l’eredità di Francesco – Incontro con Javier Cercas a “Poeti Sociali”

Un folle senza Dio e il folle di Dio: l’eredità di Francesco

Introduzione all’incontro con Javier Cercas – II edizione Poeti sociali
Auditorium Gran Guardia – Verona, 01 ottobre 2025

Nel suo ultimo libro Javier Cercas scrive: «Ecco un folle senza Dio che insegue il folle di Dio fino alla fine del mondo». Lui è il folle senza Dio, mentre il folle di Dio era Jorge Mario Bergoglio, che aveva scelto il nome di Francesco in onore del santo che amava definirsi proprio così: il folle di Dio.

I due sono tenuti insieme da una domanda della mamma: Cercas ha una madre di oltre novant’anni, profondamente cattolica, convinta di una cosa sola: quando lei morirà, rivedrà suo marito. E lui, perplesso, vuole sapere se questo è vero. Vuole chiederlo al Papa. La domanda più antica dell’umanità: esiste davvero la vita dopo la morte?

Inizialmente, Francesco rifiuta. È appena uscito da un’operazione. Dice semplicemente: “Non mi va” Forse, ipotizza il suo staff, si è spaventato all’idea di dover dimostrare more geometrico l’esistenza di Dio a un intellettuale spagnolo, frivolo e agnostico. Ma Cercas trasforma il progetto in un’indagine, un inseguimento e si ritrova con papa Francesco in volo verso la Mongolia. Sull’aereo, durante il tradizionale saluto ai giornalisti, Cercas si avvicina al Papa. Segue il consiglio del vaticanista Domenico Agasso: “Parla al papa di tua madre e ti ascolterà”. E funziona. Francesco, con i suoi occhi verdi e quella curiosità che gli è propria, lo convoca nella parte anteriore dell’aereo. Da solo a solo. Cercas pone la domanda: “Voglio sapere se è vero che, dopo la morte, mia madre rivedrà mio padre. Voglio chiederle della resurrezione della carne e della vita eterna. E voglio portare a mia madre la sua risposta”.

La risposta del Papa è cristallina. Senza metafore, senza esitazioni: “Senza alcun dubbio”. E poi, con autentica gioia: “La promessa del Signore è questa. Ci porterà tutti là. Con lui. Tutti. Sua madre, suo padre… Anche lei, anche se non crede. Questo a Lui non importa…”. Cercas chiede: “Ma davvero?”. E Francesco risponde con un gesto di mani aperte: “Che ci possiamo fare? Sono le cose di Dio”.

Questa scena – e immagino che Cercas potrà raccontarci molto di più su quel momento – è il cuore pulsante del libro. Non perché risolva la questione della fede. Ma perché la incarna in un gesto di umanità pura. Ora Francesco non c’è più. E ci ha lasciato una Chiesa incompiuta, attraversata da tensioni, resistenze, contraddizioni.

Resta a pag. 42 un’annotazione quasi occasionale che dà il senso del libro che sta in un incontro che ha originato l’altro più decisivo incontro con papa Francesco: “Ci salutiamo: Brunelli mi dà un abbraccio fraterno; Tornielli, una mano appassionata; Maria Argenti, una mano silenziosa; Ruffini, una mano da prefetto. Poi, mentre risalgo viale del Vaticano in compagnia di Fazzini, che lecca un cono gelato comprato in una gelateria vicina (‘La migliore di Roma, secondo il suo parere esperto’) mi dico che chissà, che si sono viste cose più strane e che forse, se avessi avuto un gruppo di amici come quello, sarei ancora cattolico e crederei nella resurrezione della carne e nella vita eterna”.

Si comincia: la II edizione dei Poeti sociali. Buoni incontri a tutti e a tutte!

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