Umiltà è stare coi piedi per terra – Professioni perpetue Suore della Misericordia

XXII domenica per annum 2025

(Sir 3,17-20.28-29; Sal 67; Eb 12,18-19.22-24a; Lc 14,1.7-14)

Professioni perpetue Suore della Misericordia, presso Casa madre, domenica 31 agosto 2025

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo”. Gesù è invitato a pranzo, ma per essere “spiato”. Il Maestro però non soggiace alla curiosità dei suoi commensali. Lui capovolge la situazione e si mette a osservare gli invitati “notando come sceglievano i primi posti”. E senza peli sulla lingua dice, sbaragliando i suoi giudici improvvisati: “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto”. Non è questione di etichetta. C’è ben altro in gioco. Gesù, quindi, si rivolge al padrone di casa e lo sferza con un invito senza peli sulla lingua: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini (…). Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi”. La logica che governa i rapporti umani è sempre improntata a un calcolo, più o meno manifesto. Si impone così un circolo vizioso: si fanno solo le cose da cui ci si aspetta un ritorno di qualsiasi genere: materiale o di immagine. Ma questa non è la logica di Dio. Per Gesù non giova calcolare, ma solo assecondare l’impulso del cuore, senza dover misurare il ritorno. Solo così si lascia spazio a Dio. Questo è quanto voi dieci state per fare, esattamente come il 10 settembre 1848 quando Luigia assumendo il nome di Vincenza Maria, emise la professione religiosa. Che cosa professò e che cosa voi state per professare in perpetuo? Che l’atteggiamento sano, modesto, discreto che il Maestro suggerisce con il suo stile di vita è fare le cose per sé stesse gratuitamente. Non c’è bisogno di mettersi in vista, ma solo di lavorare in silenzio, sotto lo sguardo di Dio. Perché mai? Lo si capisce subito dopo, quando Gesù dichiara: “Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”. La ricompensa cui tutti aneliamo può venire solo da Dio. Solo Lui è in grado di compensare lo scarto, il fallimento, la distruzione. È questa la prospettiva che riscatta da quell’inelegante spettacolo che è la fiera delle vanità. Oggi amplificata dai social dove ognuno vuol cantare le sue gesta quotidiane, esponendosi allo sguardo impudico di tutti. Al contrario, attendere e cioè sperare nella “ricompensa alla risurrezione dei giusti” vuol dire puntare su un’altra logica. In fondo, il gesto più quotidiano del “sedersi a tavola” diventa un campo di battaglia tra due logiche: quella della convenienza e quella della gratuità. La vostra scelta che passa attraverso i voti di povertà, castità e obbedienza va diritta nella direzione della gratuità e rifugge da quella della convenienza. E tutto questo – come nel pranzo cui Gesù è invitato – nella quotidianità. Ma è proprio nella semplicità di ogni giorno, accanto ai malati, nelle scuole, in parrocchia, che il mondo può capovolgersi. In silenzio, con grazia, con precisione. Perché umiltà è stare coi piedi per terra. Ci vuole però quell’umiltà e quella mitezza di cui parla la prima pagina con parole poetiche: “Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore”. Come ha fatto la ormai Santa Madre fondatrice e come, ne sono certo, farete voi.

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