Tutti indistintamente chiamati da Gesù – Ingresso Dalla Riva ai Santi Apostoli

Festa dei santi Simone e Giuda Taddeo – Ingresso Dalla Riva ai Santi Apostoli
(Ef 2,19-22; Sal 18 (19); Lc 6,12-19)
Chiesa dei Santi Apostoli in Verona, martedì 28 ottobre 2025

Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli”. Così l’evangelista Luca evoca la scelta dei Dodici nel contesto di un momento di preghiera dopo il quale sceglie coloro che continueranno ed estenderanno la sua missione di salvezza nel mondo. Oggi la Chiesa festeggia due dei Dodici. Non precisamente i più famosi: Simone e Giuda, non l’Iscariota, ovviamente. Rivisitarli ci aiuta anche a vivere in filigrana il passaggio dei due pastori in questa comunità, da don Ezio a don Luciano.
Anzitutto ci viene incontro Simone che Matteo e Marco qualificano “cananeo”, mentre Luca lo definisce “zelota”. Simone non appartenne propriamente al movimento nazionalista degli Zeloti, ma era caratterizzato da un ardente zelo per l’identità giudaica, quindi per Dio, per il suo popolo e per la Legge divina. Simone si pone agli antipodi di Matteo, che al contrario, in quanto pubblicano, proveniva da un’attività considerata del tutto impura ed era vicino all’invasore. Segno evidente che Gesù chiama i suoi discepoli e collaboratori dagli strati sociali e religiosi più diversi, senza alcuna preclusione. Anche i preti Gesù li fa diversi, ognuno con il suo stile, ma uniti dalla stessa missione. Don Luciano non sarà don Ezio, ma entrambi lavorano per la stessa causa del Vangelo. Questa varietà è una ricchezza che non bisogna deprezzare o vivere con malcelato fastidio perché quel che rende la Chiesa una comunità alternativa è il fatto che ciò che lega non è un’affinità di carattere o una medesima sensibilità, ma il fatto di essere tutti indistintamente “chiamati” da Gesù. Questa chiamata è ciò che costituisce la Chiesa e la rende una esperienza non costruita su parametri umani, ma sulla comune appartenenza al genere umano e in esso sulla comune attesa di una salvezza che viene soltanto da Dio.
San Giuda Taddeo scrive una brevissima lettera in cui contesta i ‘sognatori’ che si limitano a parlare e così introduce un’altra questione per capire che cosa è la parrocchia. Oggi tutti sognano una parrocchia ideale, ma pochi si mettono in gioco per realizzare quella reale. C’è come una schizofrenia che aleggia. Per imparare a sentire la parrocchia come “una casa tra le case” occorre sentirsi abitati dallo Spirito di Gesù che riconcilia ogni differenza. Ecco perché due qualità sono irrinunciabili: l’originalità di ciascuno e la medesima ispirazione che viene dal Vangelo. Solo così la parrocchia può diventare “una comunità alternativa”; “lievito di pace e di fraternità” in mezzo alla società di oggi. Occorre far crescere non solo il livello della fede ma anche quello dell’appartenenza. Ci sono molti credenti solitari che credono senza appartenere. Così come esistono, per contro, taluni che appartengono senza credere. In entrambi i casi ci si trova dinanzi ad una realtà cristiana incompleta. Questo sogno di Dio sull’umanità nella forma della parrocchia affidiamo ora a don Luciano e ai parrocchiani dei SS. Apostoli perché insieme lo costruiscano sotto l’azione dello Spirito di Gesù.

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