«Tabula Mundi» e il disgelo delle parole vere – in L’Arena, venerdì 13 giugno

Allegato: Articolo l’Arena – Tabula Mundi di Massimo Mamoli

 

A PROPOSITO DI TABULA MUNDI DI MASSIMO MAMOLI
«Tabula Mundi» e il disgelo delle parole vere,
in L’Arena venerdì 13 giugno pagg. 1/10

 

Il tempo scorre e lascia sempre un segno sulle vite, sulle cose e anche sulle parole. In questo tocco continuo tra il tempo e il mondo, la realtà si trasforma: qualcosa viene in primo piano e qualcos’altro si perde sullo sfondo, ai margini, nel silenzio. Accade anche alle parole.

Prendiamo «democrazia»: una volta evocava partecipazione e costruzione collettiva del bene comune. Oggi spesso risuona come slogan vuoto o come formula consumata dall’uso strumentale.

Il filosofo Jean Baudrillard ha parlato a questo proposito di «delitto perfetto»: il mondo è stato dissolto in un gioco di apparenze che purtroppo sembrano vere. Nessuno cerca più il mondo, perché esso già appare. Semplicemente, c’è.

L’effetto è un triste scollamento tra lingua e realtà: verità senza storia e storie senza verità. Questa tragica alterazione va guarita restituendo profondità e radicamento alle nostre parole, soprattutto a quelle con cui una comunità racconta sé stessa. Da questo lavoro potremo estrarre un’«intelligenza condivisa» con cui ritessere il bene comune.

Il fatto che parole importanti come «pace», «amore», «giustizia», «solidarietà», «politica», «Dio» non riescano mai a contenere tutta la realtà che vorrebbero esprimere non ci deve scoraggiare. Seppure insufficienti e inadeguate, queste parole restano preziose per ciò che fanno: chiamano a essere un mondo che ancora non c’è, chiedono mediazioni per venir agganciate ai processi della storia e, soprattutto, ci radicano in questo mondo.

È necessario risvegliare queste parole.

Non si tratta di schiacciarle su significati chiusi o già decisi a tavolino. Si tratta piuttosto di riattivare l’energia simbolica necessaria a smantellare i simulacri e le simulazioni della contemporaneità.

«Tabula mundi» vuole essere un passo in questa direzione. Restituire profondità a una parola essenziale è un modo per prendersi cura del mondo e delle sue verità silenziate.

Cerchiamo dunque il disgelo delle parole vere: di quelle incarnate che sanno dare voce al silenzio ingiusto, di quelle aurorali che fanno luce negli angoli più bui della terra, di quelle pacificanti che sanno ritessere i brandelli di storie ferite, e di quelle profetiche, fedeli tanto al cielo quanto alla terra.

Il pensiero che si esprime nella profondità del senso è forse l’unica forma di resistenza pacifica alla dissoluzione del mondo, che ci è rimasta. Interpretare il tempo senza fermarlo significa riappropriarsi della capacità di dare nome alle cose.

E dare nome alle cose è il primo gesto di ogni rinascita. Per questo Tabula mundi è un’ottima idea da condividere.

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