“Rinunciare è condizione per andare” – Centenario scuola di Aselogna

Allegato: Centenario scuola di Aselogna

Venerdì della V di Pasqua 2025
Centenario scuola di Aselogna
(At 15,22-31; Sal 56; Gv 15,12-17)
Aselogna, venerdì 23 maggio 2025

Rimanete nel mio amore”. Di Dio sono state date tante definizioni, ma questa resta insuperabile nella sua concisione. Rischia però di essere fraintesa e di venire assunta come un bicchiere d’acqua fresca, mentre è il vertice della rivelazione cristiana. La parola amore è attentamente scelta: è l’agape. Non è l’eros e neppure la filia. L’amore umano è segnato da un nascosto desiderio di possesso: cerchiamo chi ci somiglia. Per questo è passionale, come l’eros. L’amore umano è pure segnato da una reciprocità vincolante che chiede corrispondenza, in mancanza della quale la filia si interrompe. L’amore che è Dio non è né l’uno né l’altro. Non ama perché ci assomiglia, anzi è profondamente diverso da noi. Né cerca una perfetta corrispondenza, tant’è che resta fedele a noi anche quando noi non ce ne diamo preoccupazione alcuna.

Soprattutto l’amore che è Dio libera e fa vivere. Anzi dona la gioia: “Vi ho dette queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”, afferma Gesù parlando ai suoi nel discorso di addio. Noi solitamente cerchiamo il piacere, ma il piacere è una sensazione di ordine fisico, che non coincide con la gioia. Noi cerchiamo la felicità, ma neppure essa è da confondere con la gioia: basti dire che legata come è al mondo delle emozioni, si rivela molto fragile, mentre la gioia evoca qualcosa di più profondo e duraturo che sussiste anche in condizioni esterne avverse. Come si ottiene questa gioia? È inspiegabile come la rosa che fiorisce senza perché. Accade quando ci sentiamo amati da qualcuno “senza se e senza ma”. Questa è la forza interiore che ci fa crescere a dispetto dei nostri errori.

Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. L’amore di Dio però non si esaurisce in un rapporto esclusivo a due, ma rimanda al prossimo in carne ed ossa. Gesù ci invita a rimanere, ma per poi subito dopo andare e portare molto frutto. Che significa? Vuol dire che conosce Dio solo chi fa l’esperienza dell’amore umano. Che vuol dire concretamente amare con i fatti e con il cuore. Cioè spendersi per gli altri ossia rinunciare a qualcosa di sé e aprirsi a tutti e non solo a quelli della nostra cerchia. Rinunciare è condizione per andare. Chi tiene tutto stretto per sé si appesantisce e non fa molta strada. Aprirsi a tutti vuol dire forzare quella mentalità tribale che ci fa stare dentro il perimetro delle nostre amicizie e spingersi oltre.

I bambini e le bambine che sono passate di qui hanno imparato a vivere l’amore di Dio per essere capaci di apportare una ventata di freschezza e di novità a questa nostra società vecchia e asfittica. Abbiamo bisogno di gente che sa di essere amata e così smette di essere aggressiva e in perenne credito verso la vita. Solo chi ha questa certezza affettiva che lo Spirito di Gesù rende tangibile riesce ad irradiare attorno a sé passioni non più tristi, ma atteggiamenti creativi e proattivi.

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