Preghiera giovani dicembre 2024 – Cattedrale di Verona

Allegato: Preghiera giovani dicembre 2024 – Cattedrale di Verona

L’ARCA DI NOÈ
Cattedrale di Verona, venerdì 6 dicembre 2024
Preghiera giovani

Premessa

L’Arca di Noè fa parte dell’immaginario collettivo. Se entrate nella basilica di San Marco a Venezia nei quattromila metri di mosaico della volta interna ammirate il racconto biblico del diluvio, uno scenario apocalittico che la Genesi (cc. 6-9) ha parzialmente attinto dalla cultura orientale antica (la celebre Epopea di Ghilgamesh). Per venire ai nostri giorni il logo della Comunità di sant’Egidio e quello di Telepace con la tenera colomba e il ramoscello di ulivo nascono da qui.

Ma chi è Noè, il cui nome Noach vuol dire “riposo”, “conforto”? Non in senso storico, evidentemente. Ma come un simbolo insieme familiare e misterioso. Un autore ebreo lo descrive così: “Si tratta di un personaggio sentimentalmente fondamentale: la sua totale fiducia, l’operatività, l’ubbidienza. Noè ha contribuito a formulare il primo trattato di zoologia fantastica, basato sul concetto di armonia pacifica tra animali. Il pachiderma insieme alla pulce, il leone accanto all’agnello, il carnivoro diventa vegetariano, il vegetariano vegano. E quanto mugghiare, quanto belare, quanto barrire ha sopportato nell’arca mentre fuori la pioggia batteva, il tifone mulinava, la grandine picchiava, le cascate d’acqua sbalzavano in alto e in basso la cesta di giunco. E cosa avrà pensato il buon Noè alla vista degli uomini annegati? Pietà, senso di colpa, condivisione di una scelta così cruenta? Tuttavia Noè ha salvato la sua famiglia, non per favoritismo divino ma per garantire un futuro materno e paterno all’umanità” (Sem Galimberti, Serbar memoria. Scritti di Noè, 2022, p.13).

E ancora: cosa avrebbe mai causato questo “diluvio universale” dal quale l’Arca e i suoi abitanti cercano di difendersi? La narrazione genesiaca sembra echeggiare miti antichi, già presenti nella cultura indoeuropea. Qualcuno ipotizza un rapporto con la fine dell’ultima grande glaciazione che fra il 12.000 e il 10.000 a.C. interessò le zone settentrionali del pianeta, oggi di clima temperato. La scomparsa dei ghiacci, che implicò un grande innalzamento delle acque allora presenti, consentì il graduale successivo recupero di superficie asciutta, permettendo la nascita dell’agricoltura e lo sviluppo delle grandi civiltà del neolitico, fino alla comparsa delle grandi religioni dell’antichità. Alla vicenda di Noè il Libro della Genesi dedica ben quattro capitoli, dal cap. 6 al cap. 9.

Su mandato esplicito di Dio, Noè e i suoi familiari cominciano a costruire una grande Arca nella quale accogliere i futuri superstiti. Il loro lavoro suscita però la derisione e le beffe dei loro contemporanei, che assistono stupiti a quanto essi realizzano. Il diluvio giungerà inesorabile, mentre la famiglia di Noè e le coppie delle diverse specie animali troveranno rifugio nell’Arca. Fuori dell’Arca nessuno sopravvivrà al diluvio. Una volta ritiratesi le acque dopo il cessare delle piogge e 150 lunghi giorni di attesa, l’Arca potrà approdare sulla terraferma, traendo in salvo tutti i suoi abitanti. Dio stabilirà con Noè e i suoi discendenti una nuova solenne alleanza. Si riparte. Dio promette la sua misericordia e la sua protezione sul creato; Noè e la sua discendenza promettono una vita santa, impegnandosi a camminare secondo la volontà di Dio. La biodiversità della natura è salva e la vita intera riprende il suo corso. Fin qui la storia di Noè, il patriarca scelto per “far ripartire” il genere umano. Ma come leggere questa vicenda? Cosa può oggi dire a noi, abitanti del XXI secolo?

Lectio

La vicenda di Noè insegna che la corruzione e il dilagare del male possono condurre alla distruzione del genere umano, anche se a prima vista tutto sembra continuare come sempre. Chi ascolta una chiamata da parte di Dio deve avere, come Noè, il coraggio di metterla in pratica, anche se ciò implica andare controcorrente e divenire oggetto di scherno; anche se i più continueranno a vivere come hanno sempre vissuto, lasciandosi portare dall’inerzia e seguendo l’abitudine della massa, senza accorgersi che potrebbero esserci cambiamenti, anche epocali, che vanno riconosciuti e reclamano azioni concrete.

Il simbolo dell’Arca ci dice che la vita è un bene che va custodito e preservato; essa va difesa dal male e da quelle forze della natura che potrebbero minacciarla. È un bene la biodiversità di tutte le creature che popolano la terra; è un bene ciò che facciamo per conservarla. L’ingegno umano, come quello di Noè, può affrontare i problemi del proprio tempo e cercare di risolverli, anche grazie al progresso tecnico e scientifico. Fra l’essere umano e la natura deve instaurarsi un’alleanza della quale il Creatore è garante, perché il cosmo, la natura e il genere umano sono fra loro solidali. Chi crede che nel fondamento del mondo vi sia un Creatore, sa che Egli non sopporta la violenza, la corruzione e il male. Come Noè è capace di generare un’umanità nuova mediante la sua fedeltà e il suo lavoro, così ciascuno di noi può dare origine a novità importanti nella vita: dall’ascolto della Parola di Dio e dal proprio lavoro ben fatto, anche se non costruiamo navi, può derivare un gran bene per molte persone.

L’economia salvifica cristiana, alla fine, dice che non si deve più reagire invocando nuovi diluvi e punizioni dal Cielo, ma, con parole di san Paolo, “vincere il male con il bene”, costruendo nel bene ed esercitando il perdono quale condizione necessaria per ottenere il perdono di Dio.

Meditatio

Direi che siamo di fronte ad un testo molto potente. Soprattutto per interpretare la storia attraverso delle chiavi di lettura originali. Ne intravvedo almeno tre, su cui invito anche voi a fermarvi per interrogarvi.

Una prima chiave di lettura: il dilagare del mare è parallelo al dilagare del male. Il male ha raggiunto il suo estremo, i figli degli dei si uniscono con le figlie degli uomini; la violenza diventa l’unico criterio possibile per rimanere vivi. Tutto ciò indica che il male ormai tocca anche sfere non solo umane; il mare da sempre simbolo delle potenze demoniache, diventa elemento purificatore. Sembra un ritorno agli inizi, al caos, al disordine, quando non esisteva la terra asciutta. Rimane solo una scialuppa di salvataggio, in greco sarebbe una scatola, in ebraico un contenitore, un cestello, è lo stesso termine per indicare quel cestello che ha salvato Mosè dalle acque. Quale differenza tra il disordine primordiale e questa scatola navigante? Qualche autore ha notato che l’Arca di Noè è costruita con un numero di cubiti che corrisponde anche al numero dei giorni in cui rimane in mare. A quanto pare l’Arca gode ancora di una sua armonia, che fuori da quell’Arca non c’è. Oggi con la nuova sensibilità ambientale, notiamo in modo molto più fondato quanto il disordine morale comporta un disordine naturale e viceversa. Ci stiamo rendendo conto che il disordine esterno corrisponde a quello interiore? Ma ancor prima, abbiamo un mondo interiore, un insight?

Seconda chiave di lettura: la fede di Noè, obbediente alle regole; oggi diremmo che in un mare di caos che ci circonda la disciplina della vita spirituale ci permette di navigare e ritrovare quell’armonia che spesso è così disintegrata. Noè è obbediente e fedele nonostante tutto e tutti, Noè è deriso, Noè fa qualcosa anche di insolito, è capace di reggere. Noè non aspetta, non si siede, non si lascia vivere; Noè costruisce una cosa che apparentemente non serve a nulla. Si dà una regola di vita. La più importante è: ama il prossimo tuo, amerai il prossimo tuo come te stesso. Oppure, come recita l’originale ebraico: amerai il prossimo tuo perché egli è come te. Se sono consapevole che l’altro è fatto della mia stessa pasta, che ha gli stessi pregi e difetti che ho io, questa vicinanza dà anche la forza di volergli bene. Se mi sento separato dall’altro e penso che lui sia cattivo e io buono, che lui sia debole e io forte, allora non gli vorrò bene. Se so che siamo tutti nella stessa barca, questo pensiero susciterà in me compassione e amore. È necessaria dunque una regola di vita, cioè un insieme di indicazioni pratiche.

Terza chiave di lettura: la vita dentro l’Arca di Noè. Dentro quella scatola, c’è puzza di vita, puzza di animali, la fatica di sentire che gli altri sono ingombranti, la fatica di uno spazio condiviso che ci chiede di fare spazio agli altri. Ma è l’unico modo per rimanere vivi, se dentro c’è puzza e anche la possibilità del peccato, fuori c’è la morte, il caos. Condividere gli spazi con gli altri, questa è la nostra scialuppa di salvataggio, un luogo dove attendere una meta, un porto sicuro insieme ad altri, un luogo dove condividere la fatica di non avere tutto subito, un luogo dove c’è un potenziale di vita, gli animali sono in coppia. Tutto è pronto per una meta da abitare, una terra promessa da godere. È il tempo della purificazione, è il tempo in cui il nostro ego si allena a diventare più piccolo e a fare posto agli altri e quindi a godere della vita e delle sue cose semplici senza pretendere. Sono capace di pazientare e voglio tutto e subito? So condividere spazi, tempi, cose, opportunità o sono individualisticamente chiuso?

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