Giovedì 4 dicembre

Pratiche politiche e sociali di ecologia integrale

Biblioteca Filippo Franceschi (Fondazione Lanza) a Padova

“Pratiche politiche e sociali di ecologia integrale”
La Laudato si’, prima e oltre le Cop di Parigi (2015) e di Belém (2025)
Biblioteca Filippo Franceschi della Fondazione Lanza, Padova giovedì 4 dicembre 2025

Doveva essere la “Cop della verità”. Lo aveva detto il presidente Luiz Inácio Lula da Silva alla vigilia della Conferenza Onu sul clima (Cop30) di Belém. E lo è stata. Il vertice amazzonico ha rivelato, in modo inequivocabile, la drammaticità dello scenario planetario attuale. E un simile “svelamento” non poteva che avvenire in Amazzonia, dove la fame globale di risorse mostra il suo volto più vorace. Ma anche dove la forza vitale di esseri umani ed ecosistemi si fa – per necessità – più intensa. “Luogo teologico”, l’aveva definita, con profezia, papa Francesco il quale aveva convocato un Sinodo sulla regione nel 2019.

Cartina di tornasole dell’attualità, si potrebbe dire con un linguaggio laico. L’analista climatico Ed King ha ringraziato, con una punta di ironia, Lula per avere “regalato” ai 57 partecipanti un’immersione nel presente in cui vive buona parte del mondo: temperature intorno ai 30 gradi, 80 per cento di umidità, piogge torrenziali che distruggono i mezzi di sussistenza e scarse risorse per difendersi. Quella realtà che una manciata di Grandi rifiuta di vedere. Perché va contro i loro interessi, i quali non coincidono con il resto del globo. Non è una novità. Mai prima d’ora, però – almeno dalla Seconda Guerra mondiale –, il tornaconto di pochi è diventato tanto incompatibile con l’interesse generale. Da un momento all’altro, la fragile architettura istituzionale globale costruita in settant’anni rischia di crollare, pezzo dopo pezzo.

Di questa Cop30 si ricorderà la presenza significativa dei popoli originari e Quilombolas (afrodiscendenti): 3mila circa. E le 900 persone indigene che sono state ammesse nella zona azzurra della città, riservata alle delegazioni, allo scopo di presentare le proprie soluzioni, come guardiani della foresta. La metà rispetto ai 1.800 lobbisti impegnati a servire e promuovere gli interessi di compagnie minerarie e di aziende e imprese d’ogni sorta. Molto significativa l’iniziativa della Cupola dei ragazzi. Ogni giorno nel campus dell’Università Federale dello Stato di Parà si incontravano centinaia di ragazzi e adolescenti che discutevano sulla crisi climatica e presentavano le loro proposte, sostenendo che “senza la Natura non c’è umanità”, intenzionati a prendersi cura del pianeta come se fosse un bambino vivente, bisognoso di tutta l’attenzione necessaria. Significativa anche la presenza delle donne e delle loro associazioni, che hanno insistito molto sul legame tra il loro corpo, spesso violato e abusato, e i territori della Madre Terra, sfruttati e violati costantemente.

Senza dubbio i 70mila che hanno partecipato alla Marcia Globale il 16 novembre lungo le strade di Belém, hanno testimoniato la forza che viene dal basso, sottolineando che non ci sarà soluzione alla crisi climatica senza la partecipazione e il coinvolgimento di tutti coloro che ne pagano ingiustamente le conseguenze.

Si inserisce qui la logica della Laudato si’ introdotta da papa Francesco, a partire da una convinzione. La esprimo con le parole di un uruguayano, Eduardo Galeano: “L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare”. Quando nel 2015 venne pubblicata la Laudato si’ era sembrato che finalmente l’utopia trovasse casa, anche grazie alla successiva scia della Conferenza di Parigi sul clima. Invece in seguito, mentre il cambiamento climatico procedeva in modo innegabile, la decisione politica si faceva incerta fino a restare zitta e inerte. Soltanto a livello popolare, specialmente tra i più giovani, si avverte distintamente che il cambiamento climatico è la principale sfida che la società globale deve affrontare. Non si tratta più di una questione secondaria o ideologica, ma di un dramma che ci danneggia tutti, nessuno escluso.

L’urgenza che scaturisce da questo quadro a tinte fosche ha spinto papa Francesco a scrivere la Laudate Deum (2023) che non è una Enciclica ma una Esortazione. Vuol far leva su una sollevazione delle coscienze perché dagli umani soltanto può venire il possibile cambiamento. Papa Bergoglio non voleva colpevolizzare l’uomo. Semmai far comprendere che la natura non è “una mera ‘cornice’ in cui sviluppare la nostra vita e i nostri progetti”. Tale convinzione nasce dal fatto che “siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati, così che il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro. Ciò esclude l’idea che l’essere umano sia un estraneo, un fattore esterno capace solo di danneggiare l’ambiente. Dev’essere considerato come parte della natura. La vita, l’intelligenza e la libertà dell’uomo sono inserite nella natura che arricchisce il nostro pianeta e fanno parte delle sue forze interne e del suo equilibrio” (nn. 25-26).

Le Comunità Laudato si’ nascono con l’obiettivo dichiarato non di una semplice “transizione ecologica”, ma di una vera “conversione ecologica”. “Dobbiamo superare la logica dell’apparire sensibili al problema e allo stesso tempo non avere il coraggio di effettuare cambiamenti sostanziali” (n. 56). Si richiede, al fine, un “percorso di riconciliazione con il mondo”, di cui oggi saremo aiutati a cogliere le possibilità concrete e le reali opportunità.

Da dove nasce la crisi?

Ma come si è giunti a questa situazione? Contrariamente ad una certa opinione secondo cui sarebbe stata la religione giudaico-cristiana ad offrire le basi per un soggiogamento della natura da parte degli umani, il pensiero sociale della Chiesa lascia emergere un altro dato: è la scarsa comprensione del dato biblico ciò che ha nuociuto; in particolare, la censura intorno alla categoria di creazione. Non manca una sorta di controprova storica: il precetto divino “Siate fecondi e moltiplicatevi” è vecchio di almeno 3.000 anni, mentre la cultura espansionistica dell’Europa, che si è avviata con la scoperta dell’America, è sorta solo 400 anni fa. Vanno dunque ricercate altrove le cause scatenanti di questa devastazione della natura e precisamente – come sostiene J. Moltmann – nella cosiddetta religione della modernità, ovvero nell’idea che l’uomo moderno si è fatto di Dio. Di fatto, l’inizio del mondo moderno segna pure l’inizio della “fine della natura” e ciò, oltre che per ragioni economiche e tecniche, anche per l’immagine di Dio che dal Rinascimento in poi si impone. È una concezione unilateralmente centrata sull’onnipotenza divina, cui appartiene il mondo, dal quale si distacca tuttavia nettamente perché l’Onnipotente è colto nella sua trascendenza inaccessibile. E così a fronte di un “Dio” pensato “senza il mondo”, si staglia “un mondo” concepito “senza Dio” e, quindi, privo del suo mistero e ormai preda del suo “disincanto”. Da questa immagine distorta del divino sovranamente “solo” si ricava per analogia quella altrettanto problematica dell’uomo che si concepisce “signore” e “padrone” della terra. L’uomo dispone della terra per il sapere di cui dispone perché “sapere è potere” (F. Bacone). Sono infatti la scienza e la tecnica che costituiscono gli uomini padroni e possessori della natura, come dichiara Cartesio nella sua teoria della scienza. Non c’è dubbio che le correnti filosofiche che si sono affermate nei secoli XVI-XVII, in concomitanza con i grandi rivolgimenti dei sistemi socio-economici europei, hanno fornito una base razionale alla spaccatura tra cosmo e uomo, avendo ormai perduto l’autentico orizzonte biblico ed essendosi contratta l’immagine del trascendente in un senso rigidamente monoteista.

La domanda che si impone dinanzi alla crisi ecologica è la seguente: siamo padroni della natura o non siamo piuttosto parte della più ampia famiglia della natura da rispettare? Le foreste pluviali ci appartengono sul serio e quindi possiamo decidere di disboscarle e di bruciarle oppure rappresentano la dimora di innumerevoli piante e animali, una porzione di quella terra a cui anche noi apparteniamo? La terra è il “nostro” ambiente, la nostra “casa” planetaria oppure noi non siamo che ospiti, arrivati per ultimi in questa realtà che ci tollera con tanta pazienza e generosità? A queste domande risponde con chiarezza la Laudato si’ nel capitolo quarto, intitolato “Un’ecologia integrale” (nn. 137-162). “Quando parliamo di ‘ambiente’ facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati… Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale” (LS 139). Se l’uomo è costitutivamente “essere-nel-mondo” ne deriva che il suo sviluppo dipende anche dal corretto rapporto che egli instaura con la natura, alla quale inerisce un ordine intrinseco, fondato sulla struttura propria delle diverse categorie di esseri che la compongono e sulla mutua connessione esistente tra loro. L’invito che si ricava è tornare all’armonia con la terra, tenendo conto del contesto post-industriale in cui ci troviamo, ormai a decisa trazione digitale, senza incorrere in indebite ‘nostalgie bucoliche’, ma anche senza indulgere a irresponsabili disastri ambientali. La dimensione globale dell’ecologia integrale richiede un nuovo approccio a questi problemi e richiede una nuova forma di pensiero: una nuova epistème, un tipo di sapere rigoroso e comprensivo.

Una chiamata in causa e non una semplice analisi

Dopo dieci anni dalla pubblicazione della Laudato si’ (24.5.2015) che ha trovato un puntuale rilancio nella Laudate Deum (4.10.2023) la recezione della cosiddetta ecologia integrale è tutt’altro che acquisita, sia dentro che fuori la Chiesa. Il rischio è di ridurre la Laudato si’ e la sua rilettura poco prima della Conferenza di Dubai, ad un “manifesto verde” che chiede un assenso, mentre ciò che sta al cuore dell’ecologia integrale è una chiamata in causa. Ogni cambiamento, infatti, nasce sempre dalla coscienza di singoli che si sentono chiamati personalmente a porre azioni che alimentano una diversa prospettiva. Dunque ciò che è urgente non è accumulare analisi e dati; peggio ancora dividersi tra negazionisti o terroristi dell’ambiente, ma far crescere comunità che, a partire dal basso, modifichino comportamenti, abitudini, prassi.

Di qui nasce l’idea condivisa con Slow food di dar vita alle Comunità Laudato si’. Dopo il lancio, avvenuto a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana nel marzo 2018, sono nate ad oggi 81 Comunità. A mo’ di documentazione se ne segnalano soltanto alcune per descrivere la provenienza geografica: Alpignano, Portacomaro, Pinerolo, Bra, Fossano, Cherasco, Alba, Antignano in Piemonte; Viadana, Mantova, Marcaria, Milano, Milano Nocetum, Olgiate, Cantù, Bovisio Masciago in Lombardia; Trento, Treviso, Ponzano Veneto, Zelarino-Venezia, Verona nel Triveneto; Novellara, Bogogna Salvaterra in Emilia Romagna; Firenze e Valdarno in Toscana; Rieti, Roma, Castelli Romani nel Lazio; Pescara e L’Aquila in Abruzzo; Isernia nel Molise; Napoli, Portici, Salerno, Somma Vesuviana, Teano in Campania; San Giovani Rotondo, Ostuni in Puglia; Potenza in Basilicata; Crotone, Santa Severina in Calabria; Gela in Sicilia. Da evidenziare due Comunità all’estero: Tirana in Albania, Brasilia in Brasile. Abbiamo un gruppo che è in fase di costituzione di una nuova comunità in Puglia. Per quanto riguarda il Veneto e la zona di Padova: non abbiamo nessuna Comunità in provincia di Padova, mentre Venezia è molto attiva. In zona posso segnalare anche Vicenza e 3 comunità in provincia di Treviso (due di queste ultime molto attive).

Vedere che ci sono migliaia di persone che hanno raccolto l’invito a far qualcosa di concreto è un segnale incoraggiante che va alimentato. Il prossimo 21 marzo a Pollenzo, nella Università di Carlin Petrini, ci si ritroverà per fare il punto nel Forum delle Comunità. Ciò che è importante notare è che non si tratta di persone che hanno seguito un corso on line o hanno postato un like in qualche portale dedicato alle questioni ambientali, ma sono gruppi di uomini e donne che sul loro territorio si mobilitano, promuovono iniziative, creano momenti di coscientizzazione. Ma soprattutto presidiano il territorio intervenendo laddove sono in gioco questioni eticamente rilevanti: inquinamento, sfruttamento del territorio, ecomafie. Si tratta di gruppi che fanno opinione e costituiscono un “segno” di non subalternità al pensiero che nega la crisi climatica per partito preso.

L’iniziativa delle Comunità Laudato si’ va nella direzione di quella che Stefano Mancuso definisce ‘democrazia vegetale’. La rete di Comunità è come una pianta: ciascun organo coopera per mantenersi in vita; le radici mettono in comunicazione le piante, facendo circolare linfa vitale. Impariamo così dalla natura un modello di cooperazione dove ciascuno mantiene la propria identità, aggregandosi per affrontare l’emergenza-chiave del nostro tempo.

Come si dà vita ad una Comunità Laudato si’? Tre sono i riferimenti necessari: le linee guida; il codice etico-estetico; l’educazione e la spiritualità ecologica:

  • Le linee guida sono essenziali perché corrispondono ad una realtà orizzontale che si vuole leggera ed affettiva.
    • La prima linea guida: è una associazione libera e spontanea di cittadini, senza limitazioni o restrizioni di credo, orientamento politico, nazionalità, estrazione sociale.
    • La seconda: ogni comunità è composta da un numero minimo di 5 persone e si impegna a condividere l’obiettivo di diffondere e accrescere la sensibilità e l’educazione nei confronti delle tematiche dell’ecologia integrale, della tutela dell’ambiente e della causa comune attraverso eventi, conferenze, laboratori, corsi, pubblicazioni, scambi e iniziative sul territorio in cui opera.
    • La terza: le Comunità operano in piena autonomia e libertà e possono intraprendere qualunque tipo di iniziativa in linea con i principi dell’ecologia, della giustizia sociale, dell’inclusività, della solidarietà e della trasmissione dei saperi.
  • Il codice etico-estetico si può riassumere in 6 parole: libertà, uguaglianza, democraticità, cooperazione, onestà, responsabilità (personale), gratuità.
  • L’educazione e la spiritualità che si vogliono promuovere hanno quattro obiettivi: puntare su un altro stile di vita per superare l’individualismo; educare all’alleanza tra l’umanità e l’ambiente; la gioia e la pace; l’amore civile e politico.
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