Allegato: Giovedì dopo le ceneri 2025
Giovedì dopo le ceneri 2025
Messa con le comunità del Seminario minore
(Dt 30,15-20; Sal 1; Lc 9,22-25)
Centro Carraro, giovedì 6 marzo 2025
“Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto”. Quel che potrebbe sembrare un’affermazione irricevibile diventa una massima di sapienza. L’esperienza, infatti, insegna che ogni cosa chiede un sacrificio. Anche se nel vocabolario corrente questa parola è assente, resta vero che non si può realizzare niente che abbia valore senza mettere in conto una buona dose di fatica, di sforzo, di dolore. Gesù non fa eccezione e chiarisce che come uomo ha sperimentato fino in fondo questa “necessità” che diventa la condizione per crescere. Crescere “vuol dire imparare a fare scelte già da piccoli perché è da piccoli che si comincia a diventare grandi… Come un seme che se lasciato su un tavolo per 1.000 anni non succede nulla mentre se viene piantato, irrigato e coltivato può diventare pianta e frutto”, dice don Seba. In effetti, non si cresce mai da soli, ma sempre piantati dentro una terra i cui ingredienti sono: la preghiera, il servizio, lo studio, il gioco e la comunità.
“Prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. Sulla via della croce Gesù non si incammina da solo. Egli non è l’eroe solitario, lo stoico che dà l’esempio per essere ammirato. Il cammino della croce è una proposta rivolta a tutti. L’originalità del vangelo di Luca sta in questa piccola aggiunta come a ribadire che si rivolge proprio a tutti, fa parte dell’esistenza cristiana e non si rivolge a gruppi particolari o a vocazioni speciali. C’è un’altra aggiunta che è propria di Luca che demitizza la croce o il martirio spettacolare, con questa precisazione: “ogni giorno”. Nel quotidiano, dunque, e non solo nella grande persecuzione si manifesta la fedeltà dei discepoli. Per mostrare che tutta la vita cristiana va vissuta con semplicità e senza retorica nella vita in casa, nella professione, negli impegni sociali, nei rapporti fra uomo e uomo.
“Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina sé stesso?”. Questa domanda provocatoria chiarisce che c’è un bivio di fronte al quale siamo posti, come quello evocato dalla pagina del Deuteronomio. Il bivio è tra la vita e la morte. Questa duplice contrapposizione (guadagnare e perdere, il mondo intero e la propria esistenza) non va intesa dualisticamente e neppure apocalitticamente. La contrapposizione è invece fra due logiche di esistenza: la logica mondana che punta sul possesso e cerca la propria conservazione nell’avere di più, e la logica del discepolo che invece punta sul dono. La prima conduce non solo al fallimento della vita futura, ma anche di quella presente. E la seconda non è solo un guadagno della vita eterna, ma anche una pienezza nel presente. Il paradosso del vangelo – per alcuni “stoltezza e follia” e per altri “potenza e sapienza di Dio” – va posto in questi termini, non diversamente. A voi ragazzi del Seminario minore verrebbe da chiedere allora semplicemente: a quale logica mi ispiro in questo tempo della mia vita? Che cosa mi sta convincendo di più? La logica del possesso o quella del dono? Che potrebbe tradursi così: mi affascina di più darmi o ritirarmi? Sono e quanto un possibile hikikomoro?
