Allegato: Mercoledì delle Ceneri 2025
Mercoledì delle Ceneri 2025
(Gl 2,12-18; Sal 50; 2 Cor 5,20–6,2; Mt 6,1-6.16-18)
Cattedrale di Verona, mercoledì 5 marzo 2025
“Ritornate a me con tutto il cuore”. Gioele invita a tornare a Dio non per paura del “giorno” (dies irae!), ma “con tutto il cuore”. In effetti, in questo nostro mondo liquido, l’essere umano rischia di smarrire il centro, il centro di sé stesso: “Ci muoviamo in una società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede” (Dilexit Nos, 9). Al punto che ci si trova dinanzi a un bivio: da un lato la tecnologia che irreggimenta, dall’altro l’istintualità che lascia in balia degli eventi. Manca il cuore! Occorre ritornare al cuore, dunque, per ri-tornare a Dio. Ma che cosa è il “cuore”, al di là delle sue immagini sdolcinate e stereotipate? La parola di Gesù ci offre una prospettiva che identifica il “cuore” con la dimensione segreta, invisibile, interiore dell’esistenza. Il Maestro, per ben tre volte rispetto ad azioni molto concrete come l’elemosina, il digiuno e la preghiera, evoca quella realtà che dà sapore e gusto a tutto, affermando: “E il Padre tuo, che vede (che è) nel segreto, ti ricompenserà”. Il che significa almeno tre verità, cioè tre cose non evidenti, a prima vista.
La prima è che il mondo è molto più ampio di quello che cade sotto i nostri occhi. Noi siamo portati a ritenere che esista solo quello che si vede; peggio: che si comunica. Ma questa è una pericolosa riduzione della realtà che va ben al di là di quello che è documentabile. C’è tutto un mondo di sentimenti, di emozioni, di sensazioni, di intuizioni che sfuggono al fact-checking. Purtroppo il cuore ha avuto poco spazio e gli sono stati preferiti altri concetti come ragione, volontà, libertà, ritenuti più “chiari e distinti”. Ma senza arrivare al cuore non si arriva mai al centro di noi stessi.
La seconda verità è che soltanto “nel segreto” del cuore si rivela la profondità del nostro vivere e del nostro sentire che non è soltanto quello che facciamo, produciamo o creiamo. C’è tutta una vita interiore che va coltivata e che consente di rielaborare quello che accade alle nostre vite, senza scivolare in vite programmate dagli algoritmi o ossessionate dalle paure.
La terza verità è che l’amore è “il fattore più intimo della realtà” (K. Rahner), l’unico che può darci quella “scossa” emotiva senza la quale non inizia niente e si cade nell’apatia e nella depressione. Oggi dove tutto si compra e si paga, siamo spinti solo ad accumulare, consumare e distrarci, ma senza più gustare nulla. L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso, da questa febbre in cui non c’è spazio per la gratuità che rende ospitali verso tutto e tutti. E la Pasqua di Gesù Cristo ne è la controprova storica. Come scrive papa Francesco: “Dalla ferita del costato di Cristo continua a sgorgare quel fiume che non si esaurisce mai, che non passa, che si offre sempre di nuovo a chi vuole amare” (DN, 219). Da tale ferita viene a noi la luce indispensabile per farci passare dalla delusione alla speranza.
