Allegato: Giubileo adolescenti
Giubileo adolescenti
(Gv 21,1-14)
Chiesa di San Felice da Cantalice in Roma, venerdì 25 aprile 2025
“Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te»”. Dopo la morte di Gesù, Pietro torna da Gerusalemme in Galilea e riprende la sua attività di pescatore. Si muove come un vero leader. Non dice: «Andate a pescare!» ma «Io vado a pescare!». Si muove in prima persona e stimola all’imitazione, tant’è che immediatamente lo seguono anche altri. Basta questo particolare per comprendere che Pietro e dopo di lui i successori fino a papa Francesco non sono dei capi come gli altri. Sono piuttosto dei servitori che spingono in avanti ad uscire in mare aperto, ma più con la forza dell’esempio che con le parole. Venire a Roma per il Giubileo dal Papa, anche se appena morto, vuol dire imparare che non si cresce mai da soli ma sempre a contatto con altri più grandi di noi che oltre ai nostri “pari” sono “padri” che ci fanno andare oltre noi stessi. Prima domanda: conoscete qualche adulto così forte e rispettoso?
“Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva… e disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca»”. Fa strano che tutta la notte non peschino proprio niente e poi all’alba accade l’imprevisto. Non basta avere delle figure di riferimento all’esterno, se non entra in gioco una presenza interiore, più decisiva, come quella di Gesù. Come dire che senza Cristo tra di noi non si porta frutto. Come il tralcio se non è unito alla vite non fa venir fuori l’uva, ma si secca, così i cristiani senza Cristo si spengono. Ecco il senso del Giubileo: festeggiare il compleanno di Gesù. Se prima era “con noi”, ora ancora di più perché è “in noi”. La gioia del Vangelo nasce da questa compagnia che si sperimenta e fa uscire dall’isolamento o per contro dalla massificazione. Credere è sempre una scelta personale. Nessuno può farlo al mio posto. Ma non è mai una scelta isolata, ma sempre dentro un gruppo che ascolta la Parola e la vive. Seconda domanda: ma io credo in Gesù? Anzi, quando è stata l’ultima volta che l’ho incontrato davvero?
“Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!»”. Qui si capisce perché Giovanni è il più sveglio di tutti. Giovanni, infatti, riconosce, anzi intuisce che dietro quel misterioso personaggio cui hanno prestato fiducia si nasconde il Signore in persona. Intuire che dietro le cose, gli incontri, le persone, le vicende liete e tristi si nasconde il Signore, vuol dire comprendere che non siamo mai soli. La gioia del Vangelo consiste in questa persuasione che ci rende non “turisti”, ma “pellegrini” di speranza. Il turista, come dice la parola, fa un tour, cioè un giro e poi torna al punto di partenza, cioè a casa. In una sorta di gioco dell’oca. Non ha una meta al di fuori di sé stesso, ma così finisce per ritrovarsi da solo. Già Seneca diceva che “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” (!). Il pellegrino, invece, sa da dove viene e dove va, fa tesoro del proprio passato e persegue il futuro. Non si accontenta di perseguire i propri bisogni, ma coltiva i suoi desideri. Terza e ultima domanda: come mi sento oggi: un turista o un pellegrino?
