Immacolata Concezione 2025 (Dedicazione della chiesa di Borgo Nuovo)
(Gen 3,9-15.20; Sal 98; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38)
Chiesa di Borgonuovo in Verona, domenica 7 dicembre 2025
“Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. La promessa di Dio immortalata in tutte le statue dell’Immacolata con quel particolare raccapricciante del serpente che sbuca sotto i piedi fioriti di Maria, si realizza nella nascita del Messia, sicché l’autore della lettera agli Efesini può legittimamente cantare che “in Cristo Gesù Dio ha veramente benedetto tutti i credenti, con ogni benedizione spirituale”.
Se nel poetico testo di Genesi – un autentico capolavoro letterario e simbolico – il peccato si manifesta nel meccanismo perverso della delega e dell’altrui colpevolizzazione, per contro il testo evangelico presenta Maria che con consapevolezza afferma: “Eccomi…”. Peraltro, nel confronto tra la prima pagina e il brano lucano alla domanda: “Dove sei?” a cui Adamo si sottrae per paura e vergogna, fa riscontro la limpidezza di Maria che dice: “Ecco la serva del Signore” che esprime il suo coraggio, figlio di una fede cristallina. In effetti, Maria è la madre dei credenti perché crede l’impossibile e insegna che la fede è una forza che impedisce di adagiarsi sull’ineluttabile e spinge a non darla vinta al destino, al fato, alla sorte. In ogni atto di fede è sempre presente la fede nella resurrezione, la fede che non si arrende all’ovvietà della morte e alla ripetitività coercitiva delle leggi di natura (la sterilità di Elisabetta e la verginità di Maria). Credere, dunque, non è cedere all’irrazionale, al magico, all’insensato, ma avere sempre presente la resurrezione.
Di Maria, però, colpisce non solo la forza della fede, ma anche il suo stupore, il suo imbarazzo, la sua ritrosia. Il pudore, la delicatezza, la riservatezza sono tre qualità oggi piuttosto rare. La fede alimenta questi atteggiamenti così sconosciuti eppure così necessari alla nostra generazione, tentata di cavalcare l’esibizionismo, la grossolanità, l’ostentazione del male. Maria ci rivela così il significato della parola credente che non è un’etichetta identitaria o un’astratta formula di appartenenza, ma trova il suo senso in un’esistenza che riproduce questi sentimenti delicati, vorrei dire quasi “gentili” che sono alla base di una convivenza rispettosa e gioiosa. Questa chiesa – che oggi dedichiamo e che a Lei è dedicata come ricorda il rosone del maestro locale novecentesco del vetro Salvatore Cavallini – presenta le caratteristiche “gentili” dell’Immacolata. In particolare, la luce è stata utilizzata come materia di costruzione dello spazio senza esibirla od ostentarla. Così come la pulizia degli spazi che in verticale e in orizzontale esprimono uno spazio per la liturgia, raccolto attorno all’altare e all’ambone, in sintonia con la riforma liturgica. Scriveva Paolo VI: “L’armonia d’un atto comunitario, compiuto non solo col gesto esteriore, ma con il movimento interiore del sentimento di fede e di pietà, imprime al rito una forza e una bellezza particolari: esso diventa coro, diventa concerto, diventa ritmo d’una immensa ala volante verso le altezze del mistero e del gaudio divino” (17 marzo 1965, Udienza generale).
