L’azione del Dio della vita – Incontro di preghiera ecumenica

Incontro di preghiera ecumenica a cura della Vita consacrata
(Gen 45,1-15)
Tempio Votivo, sabato 27 settembre 2025

Sorelle e fratelli, il brano appena ascoltato ci pone davanti al momento più intenso della storia di Giuseppe: quando le maschere cadono e la verità irrompe con la forza di un fiume in piena. “Giuseppe non poté più trattenersi”: queste parole rivelano qualcosa di profondamente umano e profondamente divino insieme. È il momento in cui il cuore non riesce più a contenere l’amore, la nostalgia, il perdono accumulati nel tempo. Ciò non accade per caso, ma per un evento importante: i dieci fratelli che lo avevano venduto come schiavo a causa della gelosia e dell’invidia, ora si comportano diversamente. Sembrano essere cambiati profondamente e lo mostrano con Beniamino, il fratello più piccolo. Giuda si offre di pagare addirittura al posto suo, quando sembra accusato di furto. Questo è il segno importante che Giuseppe, il fratello ferito, riconosce come essenziale. La riconciliazione tra Giuseppe e i suoi fratelli ci parla direttamente del nostro cammino ecumenico. Come le chiese separate, i fratelli di Giuseppe si trovano davanti a un volto che faticano a riconoscere. “I suoi fratelli non potevano rispondergli, perché sconvolti dalla sua presenza”. Ma questa difficoltà non è la fine della storia, è l’inizio di una ricerca ostinata dell’altro, guidata dalla mano provvidente di Dio. Ma prima di tutto, dobbiamo comprendere una verità fondamentale: la fraternità non è un dato di partenza, ma un traguardo da conquistare. La Bibbia non fa mistero di come i legami non nascano perfetti. Giuseppe si trova dentro una famiglia conflittuale: dieci fratelli contro di lui in un clima d’odio che impedisce ogni comunicazione autentica. La fraternità è un divenire, non un dato acquisito. Giuseppe ci insegna tre cose fondamentali per ogni vera riconciliazione:

  1. La fragilità che guarisce. Giuseppe “proruppe in un grido di pianto”: il viceré d’Egitto si rivela nella sua vulnerabilità più profonda. La riconciliazione non nasce dalla forza, ma dalla fragilità condivisa. Nel pianto di Giuseppe e Beniamino si compie un miracolo di umanità ritrovata.
  2. Il paradosso del limite trasformato. “Voi mi avete venduto”, dice Giuseppe, eppure aggiunge subito: “Non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio”. Ciò che sembrava interruzione definitiva – la divisione, l’esilio, la separazione – si rivela provvidenza. Giuseppe ha imparato l’“arte dell’attraversamento”: non nega il male subito, ma lo attraversa fino a scoprirvi un significato più grande.
  3. La cura concreta dell’altro. Giuseppe non rimprovera, non umilia, non cerca vendetta. Al contrario, si prende cura dei bisogni concreti dei fratelli: “Là io provvederò al vostro sostentamento”. La riconciliazione si manifesta nell’ascolto reciproco, nella condivisione delle fatiche, nell’aiuto concreto.

Lungo tutta questa storia dolorosa, vediamo l’azione silenziosa ma insistente del Dio della vita. È significativo che Dio non parli mai direttamente a Giuseppe, diversamente dai patriarchi. Eppure è sempre presente, come protagonista silenzioso che tesse la sua trama di riconciliazione attraverso gli eventi della storia umana. Per questo nel nostro cammino ecumenico, la divisione non è l’ultima parola. Come Giuseppe ha dovuto attraversare anni di separazione per riscoprire l’amore fraterno, così le nostre chiese sono chiamate all’insistenza paziente nella ricerca reciproca. Il Dio della vita, anche attraverso le nostre ferite e divisioni storiche, continua a tessere la sua trama di unità. Per noi cristiani oggi questo significa imparare a vedere nell’altro – ortodosso, protestante, cattolico – non il concorrente da superare, ma il fratello da ritrovare attraverso un paziente cammino di conversione. Significa fidarsi che lo Spirito Santo, anche nelle nostre difficoltà e incomprensioni, sta preparando una riconciliazione più grande.

Poi baciò tutti i fratelli e pianse. Dopo, i suoi fratelli si misero a conversare con lui”: la riconciliazione si compie nel dialogo ripreso, nella conversazione che finalmente può fluire libera. Il nostro cammino ecumenico è chiamato a questo: ritrovare la gioia della conversazione fraterna, dove le differenze, anziché separarci, ci arricchiscono reciprocamente. Ricordiamo dunque che la riconciliazione tra fratelli – i 10 contro 1 – viene perfezionata in ciò che accade con il dodicesimo fratello, Beniamino. Ricordiamoci anche della tredicesima sorella: Dina, colei che conosce la violenza e di cui troppo spesso, quando parliamo di fraternità, ci dimentichiamo. La fraternità è il nome della pace, e la pace nasce dalla perseveranza nell’amare anche quando tutto sembra perduto. Giuseppe ci insegna che il Dio della vita sa trarre il bene anche dal male, sa trasformare le ferite più profonde in sorgenti di benedizione; ma questo accade solo attraverso la nostra disponibilità a non arrenderci, a continuare a cercare l’altro con cuore aperto, fidandoci che Dio sta già preparando la strada della riconciliazione.

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