Allegato: IRC_e_pluralità
La scuola come luogo di dialogo e di poesia sociale
Introduzione
Nel cuore pulsante delle nostre aule scolastiche, dove si intrecciano storie, culture e fedi diverse, si apre uno spazio sacro di incontro e di dialogo. Come nel deserto di Abu Dhabi, dove leader religiosi di tutto il mondo si sono riuniti per testimoniare che le religioni possono essere sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti, così nelle nostre classi ogni giorno si realizza un piccolo miracolo di incontro e comprensione reciproca.
Il Documento sulla Fratellanza umana, firmato nel 2019 da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, rappresenta una pietra miliare nel dialogo interreligioso. Il testo nasce da un percorso di confronto tra i leader religiosi sulle sfide della contemporaneità e si fonda sul riconoscimento dell’altro come fratello.
Il documento afferma con forza l’uguale dignità di tutti gli esseri umani e condanna ogni forma di violenza ed estremismo. Affronta le questioni cruciali del nostro tempo: il declino etico nelle relazioni internazionali, la crisi dei valori spirituali, le disuguaglianze economiche e i conflitti diffusi che caratterizzano la nostra epoca. Particolare attenzione viene dedicata ai diritti delle donne, dei bambini e degli anziani, nonché all’importanza del dialogo tra culture diverse.
In questo contesto, l’insegnamento della religione cattolica si presenta non come un sistema chiuso, ma come strumento di esplorazione e comprensione. Il termine “cattolico”, che etimologicamente rimanda all’universale, si realizza proprio nell’apertura alle differenze e nel riconoscimento della ricchezza che deriva dalla pluralità di voci ed esperienze. È qui che l’insegnamento della religione cattolica trova la sua vocazione più profonda: non come un porto chiuso che offre riparo dalle tempeste, ma come una bussola che orienta verso l’esplorazione dell’infinito.
Iniziamo il nostro viaggio dalla parola “cattolico”, che significa “secondo il tutto”. Ma quale tutto? Non quello che schiaccia e uniforma, come ci ricorda la poetessa Wisława Szymborska, ma un tutto che respira attraverso le differenze, che vive della molteplicità delle voci e delle esperienze. Un tutto che si fa dialogo vivente, che trasforma le nostre aule in laboratori di umanità dove ogni voce contribuisce a tessere una trama più ricca e significativa.
In un’epoca in cui spesso prevalgono le voci della divisione e della paura, questo cammino ci invita a riscoprire la bellezza di un’educazione che sa farsi poesia sociale, che trasforma le aule in giardini dove possono fiorire insieme fiori di ogni colore e profumo, contribuendo ciascuno alla bellezza dell’insieme. È un invito a esplorare come la diversità possa diventare non un ostacolo da superare, ma un dono da accogliere, una fonte inesauribile di ricchezza per la nostra comprensione del sacro e dell’umano.
Cattolico = secondo il tutto. Ma quale “tutto”?
Essere insegnanti di religione “cattolica” significa essere ponti verso il mare aperto, non porte che non vedono l’ora di chiudersi a chiave appena le persone sono entrate.
Cattolico significa “secondo il tutto”, ma non è il tutto a cui è dedicata la poesia di Szymborska, parola riempita di presunzione, di orgoglio, che poi crolla sotto il peso di quello che non può avere.
Tutto –
parola gonfia di presunzione,
rigonfia d’orgoglio,
eppure niente
che contenga tutto.
Tutto –
parola malferma
su gambe traballanti,
perché come potrebbe stare in piedi
sotto il peso di tutto?
Odo il suo grido di aiuto
mentre il tutto
la schiaccia.
Ha chiesto troppo a se stessa,
voleva abbracciare l’inabbracciabile.
Non le è riuscito di riunire
le vette con gli abissi,
i deserti con i mari,
l’alba con la notte.
Non è stata capace di mettere insieme
il prima col dopo,
il sopra col sotto,
il visibile con l’invisibile.
Povera,
trascinata per strade impervie,
non riesce a raccogliere
tutti in uno,
nonostante serva da consolazione
per compensare i limiti
di ciascuna cosa al mondo.
Wisława Szymborska
Il tutto mal interpretato non regge, perché non rispetta le differenze: quelle tra la profondità e la leggerezza, la memoria con il sogno, il visibile e l’invisibile, l’alto e il basso, il centro e il margine. Cerchiamo un tutto diverso, un “tutto” che ci fa sentire la mancanza, la distanza, la differenza. Un tutto che ci riunisce senza appiattirci dentro una parola unica o dentro un’esperienza identica. Ecco perché ci serve il dialogo.
Il vero significato di “cattolico” come “secondo il tutto” si realizza proprio attraverso il dialogo autentico, che riconosce e valorizza le differenze invece di annullarle. Non si tratta di un tutto che schiaccia e appiattisce, come quello critico da Szymborska, ma di un tutto che si arricchisce proprio grazie alla molteplicità delle voci e delle prospettive.
L’insegnante di religione cattolica, in questo senso, è chiamato/a a facilitare un dialogo che permette l’incontro tra diverse visioni, esperienze e sensibilità. È un dialogo che non cerca di imporre una verità unica e monolitica, ma che crea spazi di ascolto reciproco dove le differenze possono coesistere e arricchirsi a vicenda.
La vera cattolicità si manifesta quindi nella capacità di tenere insieme l’unità e la diversità, non attraverso una sintesi che elimina le differenze, ma attraverso un dialogo continuo che le valorizza e le mette in relazione. È proprio in questo spazio dialogico che si può realizzare un “tutto” diverso da quello della poesia: non un tutto presuntuoso che pretende di contenere ogni cosa, ma un tutto umile che si apre all’incontro con l’altro e riconosce nella differenza una ricchezza da accogliere.
Il dialogo come forma di vita: una possibile risposta
Dopo aver esplorato il significato autentico della cattolicità come apertura al “tutto” che rispetta e valorizza le differenze, emerge naturalmente la domanda: come realizzare concretamente questa visione nelle nostre comunità educative? La risposta risiede nella pratica del dialogo come forma di vita, non come semplice strumento o metodo, ma come modo fondamentale di abitare il mondo e relazionarsi con l’altro.
Nel grande teatro dell’esistenza umana, il dialogo si eleva come un ponte sospeso tra le rive della comprensione. Non è semplicemente uno scambio di parole tra individui, ma una danza cosmica tra civiltà millenarie, ciascuna portatrice di saggezza antica e visioni uniche del mondo.
Quando ci immergiamo nel fiume impetuoso delle diverse culture, scopriamo che ogni tradizione è come una stella nel firmamento della conoscenza umana. In questo viaggio attraverso lingue, rituali e filosofie diverse, paradossalmente, troviamo la bussola che indica la nostra direzione personale. È proprio nell’incontro con l’altro che il nostro io si definisce con maggiore nitidezza, come un diamante che rivela le sue sfaccettature solo quando viene esposto alla luce da diverse angolazioni.
Chi sceglie di rimanere confinato nel proprio giardino culturale, per quanto bello e familiare possa essere, si condanna a una prigionia invisibile ma non meno opprimente. Le mura che erigiamo per proteggerci diventano le sbarre della nostra prigione esistenziale, dove risuonano solo gli echi delle nostre convinzioni, amplificati dalla solitudine. In questo spazio ristretto, le nostre paure crescono come erbacce incontrollate, e il dolore si cristallizza in una presenza costante, proprio perché non trova il sollievo del confronto e della condivisione.
L’apertura al dialogo interculturale è come aprire le finestre di una stanza chiusa: l’aria fresca porta con sé nuovi profumi, nuove prospettive, nuove possibilità di essere. In questo respiro più ampio, scopriamo che la nostra identità non è una fortezza da difendere, ma un giardino da coltivare, che si arricchisce quando accoglie semi provenienti da terre lontane.
Il viaggio del dialogo interreligioso nell’IRC
In un’Italia in continua evoluzione, le aule scolastiche si trasformano in piccoli laboratori di convivenza interculturale. L’insegnamento della religione cattolica (IRC) si trova al centro di questa trasformazione, abbracciando una nuova missione: guidare gli studenti attraverso il ricco mosaico delle tradizioni religiose che compongono il tessuto sociale contemporaneo.
Questo percorso educativo va ben oltre la semplice presentazione di diverse fedi. Gli insegnanti diventano architetti di dialogo, creando spazi sicuri dove ogni studente può esprimere liberamente la propria identità spirituale. In queste aule, le differenze religiose non sono barriere da superare, ma ponti da costruire attraverso il confronto e la comprensione reciproca.
La metodologia si basa su un’interazione dinamica e costruttiva. Gli studenti non sono semplici osservatori, ma protagonisti attivi di un dialogo che intreccia esperienze personali, tradizioni familiari e prospettive culturali diverse. Attraverso questo scambio, scoprono come le varie religioni abbiano plasmato l’arte, la letteratura e le tradizioni, contribuendo a creare il patrimonio culturale che oggi condividiamo.
In questo contesto, l’IRC si evolve per rispondere alle esigenze di una generazione nativa digitale, integrando tecnologie innovative e approcci pedagogici moderni. Il dialogo interreligioso diventa uno strumento prezioso per sviluppare competenze essenziali nel mondo globalizzato: pensiero critico, empatia e capacità di navigare in contesti multiculturali.
La vera forza di questo approccio risiede nella sua capacità di trasformare la diversità religiosa da potenziale fonte di divisione a opportunità di arricchimento reciproco. Gli studenti imparano a vedere le differenze non come minacce, ma come tessere preziose di un mosaico più ampio che compone la società contemporanea.
Guardando al futuro, l’IRC si propone come catalizzatore di una trasformazione sociale più profonda. Attraverso il dialogo interreligioso, forma cittadini capaci di costruire ponti tra diverse comunità, contribuendo a plasmare una società più coesa e rispettosa, dove la diversità religiosa diventa fonte di forza e non di conflitto.
Questo percorso educativo rappresenta una risposta concreta alle sfide della modernità, preparando gli studenti a diventare protagonisti consapevoli di un mondo sempre più interconnesso, dove la capacità di dialogare attraverso le differenze religiose e culturali non è solo un’abilità desiderabile, ma una necessità fondamentale per il progresso sociale.
Il dialogo con le culture: poeti sociali
Papa Francesco utilizza il termine poeti sociali per descrivere quelle persone che, con creatività e sensibilità, lavorano per trasformare le periferie e le comunità marginali in luoghi di speranza e dignità. Questo concetto, elaborato principalmente nell’enciclica Fratelli tutti, si riferisce a coloro che sanno vedere oltre le difficoltà del presente e immaginare nuove possibilità di cambiamento sociale.
I poeti sociali, secondo il Papa, sono coloro che attraverso iniziative concrete di solidarietà e progetti comunitari creano bellezza anche nelle situazioni più difficili. Non si limitano a denunciare i problemi, ma agiscono attivamente per costruire alternative, proprio come un poeta trasforma la realtà attraverso le parole.
Questa visione si collega profondamente alla concezione di Francesco della fratellanza universale e dell’ecologia integrale. I poeti sociali incarnano un approccio che unisce la dimensione pratica dell’impegno sociale con quella spirituale della speranza e della creatività. Sono persone che, nelle parole del Papa, “sanno guardare negli occhi gli altri con dignità” e costruire ponti là dove altri vedono solo muri.
Il concetto sottolinea l’importanza di un approccio che va oltre la mera assistenza sociale, privilegiando invece la capacità di costruire relazioni autentiche e di promuovere il protagonismo delle persone più vulnerabili nella trasformazione delle loro comunità.
La Diocesi di Verona ha raccolto questo invito e ne ha fatto un cammino culturale verso la pace.
In seguito alla significativa visita di Papa Francesco a Verona durante “Arena di Pace 2024”, la Fondazione Toniolo della Diocesi di Verona ha inaugurato “Poeti Sociali”, un innovativo format culturale destinato a diventare un appuntamento annuale. La prima edizione, intitolata “Itinerari di Pace”, si è proposta l’anno scorso come una manifestazione che integrò diverse forme espressive per promuovere il dialogo e la pace nella vita quotidiana.
Il progetto si è distinto per la sua natura inclusiva e multiforme, offrendo circa sessanta eventi che hanno coinvolto un centinaio di ospiti. L’iniziativa si è caratterizzata per la varietà dei linguaggi artistici e comunicativi: dalle storie alle poesie, dai concerti agli spettacoli circensi, dal teatro all’arte visiva. Questi eventi si sono svolti in una molteplicità di luoghi significativi della città: dalle chiese alle piazze, dalle scuole alle università, dai luoghi di lavoro alle sale pubbliche, creando un tessuto di connessioni che abbracciò l’intera comunità veronese.
La peculiarità di Poeti Sociali risiede nella sua programmazione accessibile, con eventi distribuiti dall’alba al tramonto per garantire la massima partecipazione. Il format si è basato sul concetto di “poiesis”, la capacità di generare esperienze e iniziative che potessero stimolare un cambiamento positivo nella società. In un momento storico caratterizzato da polarizzazioni e conflitti, questa manifestazione si pose come alternativa costruttiva, promuovendo il dialogo, l’incontro e il rispetto reciproco quali fondamenti imprescindibili per la costruzione della pace.
Si sta preparando la seconda edizione, che tornerà a ottobre per tessere nuovi fili di speranza nella trama della nostra città. Come versi che si intrecciano in una poesia, anche quest’anno ci ritroveremo per creare insieme momenti di autentico incontro e dialogo. Sarà un viaggio attraverso le arti e le emozioni, dove ogni voce contribuirà a comporre la melodia della pace. Vi aspettiamo per continuare insieme questo cammino, per trasformare ancora una volta Verona in un palcoscenico di armonia e comprensione reciproca. Perché essere “poeti sociali” significa credere che la bellezza dell’arte e della cultura possa davvero cambiare il mondo, un verso alla volta.
Anche le scuole sono luoghi di poesia sociale.
Nella sua canzone Sogna, ragazzo sogna, Roberto Vecchioni scrive ai ragazzi e alle ragazze, prima di andare in pensione dal suo ruolo di insegnante: “Ti ho lasciato un foglio sulla scrivania. Manca solo un verso a quella poesia. Puoi finirla tu”. Alfa, giovane cantante che si è esibito con lui qualche tempo fa, risponde alla sua maniera:
Lo voglio scrivere, cancellare e riscrivere
Strappare delle pagine, usar l’inchiostro invisibile
Per poterlo nascondere e non lasciarne traccia
Non so se sarà poesia oppure solo carta straccia
E in fondo c’ho solo vent’anni, ma sai che cosa sento?
Tutta la vita davanti eppure sto perdendo tempo
C’è chi corre perché scappa e poi chi corre perché insegue
Io corro perché solo quello mi fa stare bene
Salgo sopra questo palco per giocare con la vita
Ma se mi si spezza il fiato? Se poi spezzo la matita?
Più in basso è il punto di partenza, più alta è la salita
Ma spero che il panorama valga tutta ’sta fatica
Non so che cos’è l’amore, ma a volte lo percepisco
In un tramonto, uno sguardo, un disco
E se mi guardo attorno, penso che son fortunato
Non so chi ha creato il mondo, ma so che era innamorato
Qualche riflessione a partire dalle parole di Alfa:
- La libertà di scrivere e riscrivere la propria storia: io il verso alla tua poesia la scrivo, ma lasciami il diritto di cancellare e di riscrivere, cioè di sbagliare, di fallire, di ricominciare. Alfa risponde al suo maestro Vecchioni rivendicando il diritto di essere autore della propria vita, con tutte le incertezze e i ripensamenti che questo comporta. Il giovane artista esprime il desiderio di avere il controllo sulla narrazione della propria esistenza attraverso metafore legate alla scrittura: scrivere, cancellare, utilizzare l’inchiostro invisibile, strappare le pagine. Questa sequenza di azioni rappresenta il processo di costruzione dell’identità giovanile, caratterizzato da tentativi, errori e correzioni. L’inchiostro invisibile, in particolare, simboleggia quegli aspetti intimi e personali che si preferiscono mantenere privati, evidenziando come non tutto debba necessariamente essere condiviso o esposto.
- Il disorientamento e l’incertezza. Il verso “Non so se sarà poesia oppure solo carta straccia” racchiude perfettamente il senso di disorientamento tipico della gioventù. Alfa esprime l’ansia della valutazione e il timore del fallimento, ma lo fa confrontandosi onestamente con questa incertezza. Il testo prosegue con una riflessione sulla percezione del tempo (“Tutta la vita davanti eppure sto perdendo tempo”) che rivela la tensione tra le infinite possibilità del futuro e la pressione di dover fare le scelte giuste. L’incertezza viene attraversata proprio mediante il riconoscimento e l’accettazione di questi dubbi, trasformandoli in energia creativa e motivo di ricerca.
- La scommessa sul futuro. La metafora della salita e del panorama che ne consegue rappresenta una profonda riflessione sul significato dello sforzo e della perseveranza. Alfa riconosce che “più in basso è il punto di partenza, più alta è la salita”, ma mantiene la speranza che la fatica sarà ripagata dalla vista che si godrà una volta raggiunta la cima. Questa visione si allarga poi a una dimensione più universale quando il giovane artista parla dell’amore che percepisce nel mondo, suggerendo che la costruzione di una comunità passa attraverso la condivisione di questa ricerca di significato. Il dialogo intergenerazionale tra Vecchioni e Alfa dimostra proprio come questo scambio sia possibile e fruttuoso, creando un ponte tra esperienze diverse ma complementari. Il testo si conclude con una nota di speranza e gratitudine, suggerendo che, nonostante le incertezze e le difficoltà, c’è una bellezza intrinseca nel processo di scoperta e crescita che caratterizza il percorso di ogni giovane verso la propria realizzazione.
Scambiarsi le parole: il dialogo interreligioso
Il dialogo interreligioso rappresenta uno dei pilastri fondamentali della formazione contemporanea, incarnando non solo un imperativo etico ma anche un potente strumento di crescita personale e collettiva. La diversità delle esperienze religiose e culturali, lungi dall’essere un ostacolo, si rivela una risorsa preziosa nel processo educativo, capace di arricchire profondamente tutti i partecipanti. Il Concilio Vaticano II ha fornito una chiave di lettura fondamentale per questo approccio, riconoscendo che lo Spirito Santo opera universalmente, diffondendo la sua presenza in tutte le tradizioni religiose. Questa consapevolezza teologica costituisce la base solida su cui costruire un dialogo autentico e formativo.
Nel contesto educativo, l’incontro tra diverse prospettive religiose stimola molteplici dimensioni della crescita personale. Sul piano cognitivo, il confronto con differenti visioni del mondo affina il pensiero critico e la capacità di analisi, permettendo agli studenti di sviluppare una comprensione più profonda e sfumata della realtà religiosa. Parallelamente, questa esperienza di dialogo favorisce una significativa maturazione emotiva e sociale, coltivando l’empatia e la sensibilità interculturale. Gli studenti acquisiscono naturalmente competenze relazionali fondamentali, come l’ascolto attivo e il rispetto per prospettive diverse dalle proprie, mentre approfondiscono la propria identità spirituale attraverso il confronto costruttivo.
L’efficacia di questo processo formativo si manifesta particolarmente nell’esperienza concreta dell’incontro interreligioso. Le festività religiose, ad esempio, diventano preziose occasioni di apprendimento reciproco. Quando uno studente musulmano condivide il significato profondo del Ramadan, o quando un compagno induista racconta l’esperienza del Diwali, l’intera classe partecipa a un momento di autentica comprensione interculturale. Questi scambi non si limitano alla mera trasmissione di informazioni, ma creano ponti di comprensione emotiva e culturale che arricchiscono durevolmente tutti i partecipanti.
Anche i momenti di potenziale tensione o disaccordo si trasformano, in questo contesto, in opportunità preziose di crescita. Le discussioni su temi fondamentali come la creazione del mondo o il significato della vita diventano esercizi di dialogo costruttivo, dove diverse tradizioni religiose offrono prospettive complementari che ampliano gli orizzonti di comprensione di tutti. L’integrazione di questi dialoghi con altre discipline – dalla storia all’arte, dalla letteratura alle scienze sociali – crea un tessuto ricco di interconnessioni che rafforza l’esperienza formativa.
Il dialogo interreligioso aspira a creare una vera cultura dell’incontro, che va ben oltre la semplice convivenza pacifica. Questo obiettivo si concretizza attraverso progetti di solidarietà sociale, iniziative cooperative su temi comuni come la tutela dell’ambiente o la promozione della pace, che offrono occasioni pratiche per vivere il dialogo nella sua dimensione più autentica. La storia ci offre modelli ispiratori di questo approccio, dall’incontro storico di san Francesco con il Sultano fino alle iniziative contemporanee di dialogo interreligioso, che continuano a illuminare il nostro cammino educativo.
In un mondo sempre più interconnesso e multiculturale, la dimensione formativa del dialogo interreligioso diventa essenziale per preparare le nuove generazioni a vivere e operare in una società plurale. La sfida per gli educatori consiste nel facilitare questo processo mantenendo un delicato equilibrio tra fedeltà alla propria tradizione e apertura rispettosa verso le altre. Il successo di questo approccio non si misura solo nella capacità di promuovere una convivenza pacifica, ma nella creazione di una vera comunità educativa dove la diversità religiosa diventa fonte di arricchimento reciproco e crescita collettiva.
Questo cammino di dialogo e formazione richiede pazienza, sensibilità e preparazione continua da parte degli educatori. Non si tratta di rinunciare alla propria identità religiosa, ma di viverla in modo aperto e dialogante, contribuendo così a formare non solo studenti preparati, ma persone capaci di navigare con saggezza e rispetto in un mondo caratterizzato da una crescente diversità religiosa e culturale. In questa prospettiva, il dialogo interreligioso si rivela uno strumento formativo di straordinaria efficacia, capace di trasformare la sfida della diversità in un’opportunità di arricchimento per l’intera comunità educativa.
Conclusione
Il percorso che abbiamo tracciato ci riporta alla riflessione iniziale sul significato profondo di “cattolico” come “secondo il tutto”. Attraverso le diverse voci e prospettive esplorate, abbiamo scoperto che questo “tutto” non è una totalità che schiaccia le differenze, come ci avverte Szymborska, ma un intreccio dinamico di relazioni che si arricchisce proprio attraverso la diversità.
In questo contesto, il dialogo che intessiamo nelle nostre aule diventa l’incarnazione concreta di questa cattolicità autentica. Come un razzo in continua creazione, ogni filo – ogni voce, esperienza, storia – contribuisce a creare un’unità che non annulla le differenze ma le valorizza. Come insegnanti di religione, siamo chiamati a essere non solo custodi di conoscenza, ma anche “tessitori di speranza”, per usare una metafora cara a Papa Francesco, capaci di intrecciare questi fili in un disegno che rispetta l’unicità di ciascuno.
Il nostro ruolo di “poeti sociali”, come evidenziato dalle iniziative della Diocesi di Verona, si manifesta proprio in questa capacità di creare spazi di incontro autentico. Quando entriamo in classe, portiamo con noi la consapevolezza che ogni lezione è un’opportunità per creare quello che potremmo chiamare un “giardino di incontri”, dove le diverse tradizioni religiose e culturali non sono muri che dividono, ma ponti che uniscono. Come il giovane Alfa risponde a Vecchioni completando la sua poesia, così i nostri studenti completano il significato del nostro insegnamento con le loro domande, i loro dubbi, le loro scoperte.
La sfida che ci attende non è quella di fornire risposte definitive, ma di coltivare domande fertili che nascono dal dialogo interreligioso autentico. In un’epoca segnata da quella che Byun-Chul Han chiama “angoscia”, il nostro compito è quello di essere “giardinieri della mente e del cuore”, creando spazi dove la diversità religiosa possa fiorire in un dialogo trasformativo che incarna il vero spirito della cattolicità.
Come le stelle che brillano più intensamente nel buio della notte, così le nostre differenze illuminano il cammino verso una comprensione più profonda dell’umano e del divino. In questo viaggio educativo, ogni giorno scriviamo insieme ai nostri studenti nuovi versi di quella poesia infinita che è l’incontro con l’altro. E forse, proprio in questo dialogo continuo e rispettoso delle differenze, troviamo la risposta più autentica alla sfida della cattolicità nel mondo contemporaneo, ricordando, come suggerisce Alfa, che “Non so chi ha creato il mondo, ma so che era innamorato”.