Martedì della I settimana di Avvento (2025)
(Lc 10,21-24)
Studio Teologico San Zeno in Verona, martedì 2 dicembre 2025
“Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Subito dopo il ritorno dei 72 discepoli dalla missione, l’evangelista Luca riporta le parole cariche di stupore del Maestro che descrivono due categorie di persone: i “piccoli” e i “dotti”. I “piccoli” sono gli ignoranti, privi di cultura religiosa. A questi vengono contrapposti i “dotti”, cioè coloro che possiedono la conoscenza della Legge religiosa e morale, appunto gli scribi e i dottori della Torah. In realtà il Maestro, privilegiando i “piccoli” e non i “dotti”, più che fare l’elogio dell’ignoranza, intende affermare che la sapienza è propria di chi “sa di non sapere”. Si capisce, dunque che il confronto è tra umili e orgogliosi, tra poveri e autosufficienti. Gesù opta per i “piccoli” non per le loro qualità morali, ma perché i poveri sono più aperti alla novità. Hanno infatti dei vuoti da colmare e dei buchi da riempire.
“Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. L’esperienza religiosa non ha a che fare con una conoscenza intellettuale, ma con la relazione vitale per cui Dio sceglie, guida e autorizza una persona per un compito storico. C’è una differenza fondamentale tra ‘scoperta’ e ‘rivelazione’. Quando si tratta di una scoperta siamo noi ad essere attivi: abbiamo faticato ed è tutto merito nostro. Ma quando siamo in presenza di una ri-velazione non è più così. Siamo passivi e da altro viene a noi la ri-velazione di Dio. È interessante che siano sempre piccoli, talora addirittura fanciulli, ad essere oggetto di “rivelazioni”. Piccoli nel senso di limpidi, umili, freschi, con la disponibilità a ricevere la verità come dono e con l’entusiasmo capace di realizzarla nella vita. Dio non si rivela per soddisfare la curiosità umana. Noi oggi per contro ci accontentiamo di distrarci con notizie sugli altri piuttosto che ricercare la verità delle cose.
“Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono”. Questo è il punto. La fede non è un’idea o una morale, ma nasce da un incontro. Si tratta di un ad-ventus, quindi non di una nostra produzione, ma di un Fatto che ci precede e che sta a noi accogliere. Il colore delle vesti liturgiche delle messe d’Avvento è non a caso il viola, colore della prova, del mistero, della vita spirituale e dell’unione dei colori dell’umano e del divino, di terra e cielo, il rosso e il blu. Insomma, l’Avvento sta al Natale come l’avventura alla nascita, perché vivere è provare a nascere del tutto, incarnare un destino.
Buon cammino di Avvento!
