La morte è la condizione per restare umani – Tutti i Morti Cimitero Monumentale

Tutti i Morti 2025
(Is 25,6a.7-9; Sal 26; Rm 5,5-1; Mt 25,31-46)
Cimitero Monumentale in Verona, sabato 1° novembre 2025

La speranza non delude”, afferma senza incertezze l’Apostolo Paolo ed è su tale certezza che l’architrave di questo cimitero reca una promessa a caratteri cubitali: “Resurrecturis”, cioè “per quanti sono destinati a risorgere” (!). Mi chiedo se quando varchiamo questo spazio sacro quel verbo al futuro risuona nei nostri cuori. Se riusciamo ad intravvedere nella morte più una porta che un muro. Di sicuro la vita è segnata dalla morte e questa domanda non ci abbandona. Ne prendiamo coscienza quando siamo toccati nella carne per la scomparsa di una persona cara oppure quando accade qualcosa a livello sociale che ci colpisce come la tragedia di Castel d’Azzano o l’ennesimo femminicidio di Castelnuovo del Garda. La morte, dunque, resta attaccata alla vita. E per quanto i progressi tecnici e la longevità umana siano cresciuti, l’appuntamento con la morte è per tutti solo rinviato. Non si può vivere senza tener conto di questo limite. Anzi, la morte è la condizione per restare umani. Senza la sua presenza rischiamo di perdere il senso della realtà, di diventare disumani, cioè di vivere nell’attimo e di dimenticare la responsabilità verso le generazioni future. La morte è legata alla vita e solo chi sa interrogarsi su di essa evita il patetico rincorrersi degli anni e si apre alla sapienza che fa del limite non la fine, ma il confine, cioè la soglia di una nuova possibilità. Per questo col salmista abbiamo pregato: “Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto”.
La speranza è solo grazia. Non viene da noi, ma solo da Dio. Per questo l’Apostolo aggiunge: “La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. La vita ad uno sguardo solo umano resta schiacciata dalla sua fragilità e inconsistenza. E allora si comprende che non è dalla natura che può venire la promessa. Non è da qui che viene la possibilità di sperare. La possibilità è legata soltanto alla buona notizia che è Gesù Cristo, il quale “è morto per noi”. Qui c’è la traccia della possibile risposta. Guardando alla esistenza storica del Maestro si scopre che Egli ha vissuto fino in fondo la condizione mortale, non esclusa l’agonia e la lotta per morire. Ma quel che colpisce in Lui è che ha vivificato la sua esperienza con l’amore fino a morire per il nemico. Dunque, non morte e vita si oppongono, ma amore e morte; solo l’amore è più forte della morte, secondo l’intuizione del Cantico dei cantici.
Come oscuramente sembra presagire in una sua poesia un poeta del nostro tempo, che è nato cristiano e ha vissuto come ha potuto, senza mai spegnere del tutto la speranza antica. Scrive Pier Paolo Pasolini in Frammento alla morte: “Torno a te, come torna un emigrato al suo paese e lo riscopre… Mi fai ora davvero paura, perché mi sei davvero vicina, inclusa nel mio stato di rabbia, di oscura fame, di ansia quasi di nuova creatura”. S. Francesco era giunto ancor prima a parlare di “sorella morte”.

condividi su