Allegato: La forza della preghiera – Madonna della neve (Gabbia)
Solennità della Madonna della Neve
(Nm 12,1-13; Sal 51; Mt 14,22-36)
Convento del Perdono – Santuario della Gabbia (Isola della Scala), martedì 5 agosto 2025
“Subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva”. È strano questo rapido cambiamento di scena. Appena moltiplicati i pani e i pesci, quasi a volersi sottrarre all’esaltazione della folla, il Maestro spinge i suoi al largo, mentre lui se ne va sul monte, solo, a pregare. Che strano comportamento! Gesù non passa all’incasso, vista la sua crescente popolarità, ma si ritira a pregare per ritrovare il Padre. Non potrebbe esserci risposta migliore a quanti accusano la preghiera di essere alienazione: Gesù che ha appena sfamato la gente e che sta per mettere in salvo i suoi sulla barca se ne va a pregare. La preghiera, dunque, non è né alienazione né presa di distanza, ma immersione nella vita e riserva di senso ed energia per orientarsi in essa. Da quando l’uomo è apparso sulla terra è incominciata la storia della preghiera; uomini e donne di diverse religioni si sono rivolti e si rivolgono in preghiera all’Essere supremo a cui danno nomi diversi. La preghiera è la risposta immediata che sale dal cuore della persona umana quando si mette di fronte alla verità dell’essere.
“La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario”. Che cosa accade ai discepoli? Sembrano sopraffatti dalle onde che li sovrastano. Non è un caso che la tradizione cristiana abbia sempre immaginato la Chiesa come una barca esposta ai flutti del mare della storia. E che la parte centrale della chiesa in muratura si chiami appunto “navata” (!). Ora che accade? Accade che i discepoli si accorgono di Gesù paradossalmente quando stanno per essere sommersi dalle acque del mare in tempesta. Fino a quando non avvertiamo il bisogno di Dio, può essere che Dio sia accanto a noi senza che ce ne accorgiamo, perché non ne abbiamo bisogno: bastiamo a noi stessi. Quando invece siamo in mezzo ad una tempesta apriamo gli occhi ad una presenza che può salvare. Secondo il detto cristiano: “Naufragium feci, bene navigavi”. La preghiera nasce, dunque, dalla consapevolezza del limite e diventa la lotta come Giacobbe per resistere alla fatalità del male e della morte, lasciandosi avvolgere dalla misericordia e dalla provvidenza divina. Quando si dice: “non ci resta che pregare!” sembra una dichiarazione di resa. In realtà, sta a dire che oltre noi stessi esiste Qualcuno che soltanto può salvarci.
La preghiera di Gesù certo non è la nostra. Ma dice della nostra condizione di “figli” che si rivolgono al Padre, esprime la nostalgia di Dio. C’è al fondo di noi stessi qualcosa che solo Dio può capire e che solo il Padre può soddisfare. Pietro può camminare sulle acque come Gesù, ma non per potenza propria; la sua possibilità dipende unicamente dalla parola del Signore (“Vieni!”) e la sua forza sta nella fede. E nonostante il dubbio, si può sempre provare a credere nuovamente. Per questo la preghiera è la prova della nostra fede. Di qui la persuasione che a livello popolare è stata condensata nell’espressione: “Chi prega si salva. Chi non prega si danna!”.