Festa di S. Nicolò a Murano
(Is 49,1-6; Ef 4,1-13; Gv 21,15-19)
Basilica dei Santi Maria, Donato e Cipriano in Murano, sabato 6 dicembre 2025
“Seguimi!”. Soltanto alla fine, sul lago di Tiberiade dove tutto aveva avuto inizio e dove tutto sembra dover finire, Gesù riguadagna la fiducia di Pietro. Dopo un colloquio assai fitto che si articola con ripetizioni leggermente differenti attraverso una domanda, una risposta da parte di Pietro e un invito da parte del Maestro. Seguire questo incontro ci farà riscoprire anche la fede di S. Nicolò che ha vissuto qualcosa di analogo appena qualche secolo dopo.
“Mi ami più di costoro?”, esordisce Gesù, salvo poi chiedere più modestamente “Mi ami?” e, alla fine, soltanto: “Mi vuoi bene?”. Gesù più che fare dichiarazioni, ama porre domande. Le prime, infatti, sono chiuse; le seconde aperte. Il Maestro, insomma, non ama distribuire certezze a buon mercato, ma preferisce seminare inquietudine e ricerca. Ciò che conta è risvegliare le “domande ultime” che costituiscono la stoffa della ragione e dell’affettività: per che cosa in fondo vale la pena vivere? Qual è il senso ultimo della realtà che mi circonda – la natura, le cose, le persone, gli incontri, gli avvenimenti?
“Gli rispose: Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Pietro esprime così la sua fede nel Cristo che è molto di più che non semplicemente Gesù di Nazareth. A Nicea si confesserà la fede nel Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre! Da dove Pietro ha attinto questa persuasione? Pare di capire non da lui stesso, cioè non dalla carne, ma dall’alto. Pietro coglie il novum: Gesù non è solo un profeta, come Elia, Geremia, il Battista. Pietro vede ciò che non è umanamente possibile vedere e cogliere se non per rivelazione dall’alto. La fede nasce sempre fuori di noi e non semplicemente da noi stessi. Per questo è imprevedibile e mai scontata.
“Gli disse: «Pasci i miei agnelli»”. Non lo rimanda a sé stesso, ma sempre agli altri. La chiamata di Dio diventa responsabilità per gli altri. Dio non ci chiude mai dentro il caldo del suo amore, ma sempre ci apre agli altri. La responsabilità è dunque la strada da percorrere per autenticare la nostra fede. E si concretizza nella cura delle persone che ci sono affidate. Una figura diventa adulta quando smette di pensare a sé stessa e si dedica alla crescita di un altro. Resta immatura e mai giunge alla maturità affettiva se non lascia indietro il suo “io” e si mette a servizio di un altro da far maturare e far andare poi per la propria strada.
Le “tre palle” di S. Nicolò che la tradizione di Murano attribuisce al suo Patrono non sono lontane dall’incontro di Pietro con Gesù Cristo. Esse sono l’ascolto, la fede e, da ultimo, la cura. Penso che questi tre doni siano anche quelli che rendono una comunità compaginata. Questa è senza dubbio l’opera d’arte più importante che si possa realizzare, di cui l’arte vetraria con i suoi intrecci e i suoi volumi è una simbolica trasposizione
