Martedì della I settimana di Avvento 2025 (Esequie di d. Sergio Carrarini)
(Is 11,1-10; Sal 72; Lc 10,21-24)
Palù, martedì 2 dicembre 2025
“Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Subito dopo il ritorno dei 72 discepoli dalla missione, l’evangelista Luca riporta le parole cariche di stupore del Maestro che descrivono due categorie di persone: i “piccoli” e i “dotti”. I “piccoli” sono gli ignoranti, privi di cultura religiosa. A questi vengono contrapposti i “dotti”, cioè coloro che possiedono la conoscenza della Legge religiosa e morale, appunto gli scribi e i dottori della Torah. In realtà il Maestro, privilegiando i “piccoli” e non i “dotti”, più che fare l’elogio dell’ignoranza, intende affermare che la sapienza è propria di chi “sa di non sapere”. Si capisce dunque che il confronto è tra umili e orgogliosi, tra poveri e autosufficienti. Gesù opta per i “piccoli” non per le loro qualità morali, ma perché i poveri sono più aperti alla novità. Così è stata anche la vita di don Sergio che ha scelto i “poveri”. E la sua vita da prete operaio ne è stata una trasparente conseguenza.
“Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. L’esperienza religiosa non ha a che fare con una conoscenza intellettuale, ma con la relazione vitale per cui Dio sceglie, guida e autorizza una persona per un compito storico. C’è una differenza fondamentale tra ‘scoperta’ e ‘rivelazione’. Quando si tratta di una scoperta siamo noi ad essere attivi: abbiamo faticato ed è tutto merito nostro. Ma quando siamo in presenza di una ri-velazione non è più così. Siamo passivi e da altro viene a noi la ri-velazione di Dio. È interessante che siano sempre piccoli, talora addirittura fanciulli, ad essere oggetto di “rivelazioni”. Piccoli nel senso di limpidi, umili, freschi, con la disponibilità a ricevere la verità come dono e con l’entusiasmo capace di realizzarla nella vita. Dio non si rivela per soddisfare la curiosità umana. Don Sergio è stato un appassionato lettore ed esegeta della Scrittura, in particolare “ha abitato” volentieri tra i Salmi e ne ha fatto dono per tanti.
“Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono”. Questo è il punto. La fede non è un’idea o una morale, ma nasce da un incontro. Come quello che don Sergio – grazie alla Parola – è riuscito a far compiere a tanti. La sua scelta che è maturata negli anni del Vaticano II diventa anche per noi un monito e un riferimento indispensabili. Credere è possibile soltanto a partire dall’ascolto disinteressato della Parola e dal servizio umile ai fratelli e alle sorelle. Così prende corpo quella persuasione che è stata la stella polare di don Sergio per la quale Dio si fa incontro a noi nella vita quotidiana.
