Allegato: Messa alpini a Passo Fittanze
XVI domenica per annum 2025
(Gen 18, 1-10a; Sl 15; Col 1,24-28; Lc 10,38-42)
Fittanze, Monumento ai Caduti Alpini, domenica 20 luglio 2025
“Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”. La suggestione dell’antico racconto biblico – laddove Abramo accoglie nell’ora più calda del giorno tre misteriosi viandanti alle querce di Mamre – consiste nell’intreccio di due motivi: l’ospitalità e la promessa di un figlio, l’accoglienza dell’altro e il dono che si riceve, come a dire, che la fecondità è frutto dell’ospitalità. Non sarà forse questa la ragione della crisi demografica che viviamo? Siamo più diffidenti e chiusi e per questo meno prolifici e vitali? E’ interessante notare che hospes in latino che è il contrario di hostis (nemico) significa sia colui che ospita che colui che è ospitato. Come a dire che l’ospitalità è ciò che definisce l’umano che è sempre un co-abitare. Del resto, quando si nasce si trova una coppia ad accoglierci e così avanti per tutto l’arco dell’esistenza, interpretando indifferentemente l’uno e l’altro ruolo.
Anche la pagina evangelica di Luca presenta un episodio di ospitalità che genera un capovolgimento, come quando Marta si sente benevolmente rimproverare da Gesù perché troppo indaffarata e divisa per prestare ascolto. Va rimarcata l’originalità di un’ospitalità ad opera di due donne, le sorelle di Lazzaro, che era un fatto piuttosto inusuale, soprattutto perché alla donna non era riservata la possibilità di diventare discepola e, dunque, di mettersi in atteggiamento di ascolto, tantomeno di partecipare nella sinagoga all’esercizio della Torà. Di qui la novità di Maria che se ne sta accovacciata ai piedi di Gesù. Il che era di sicuro un fatto irritante per Marta e scandaloso per tutti gli altri. Ma così il Maestro prende spunto per ribadire che una sola cosa è necessaria: essere suo discepolo e discepola, ascoltando la sua parola. Non c’è contrapposizione tra fare e ascoltare, ma quest’ultimo viene prima e se manca tutto si ingarbuglia e si perde la rotta.
“Di una sola cosa c’è bisogno” afferma Gesù. Alcuni manoscritti hanno provato ad attenuarne la forza con “Di poche cose c’è bisogno”. Altri poi hanno unito le due cose: “Di poche cose c’è bisogno, anzi di una sola!”. L’importante è non sottrarsi all’imperativo vitale: senza accoglienza e ospitalità non segue niente di buono. Anche per Dio vale lo stesso discorso: se manca l’ospitalità nel nostro cuore è impensabile farGli strada. Ma questo vale anche per noi umani: senza l’ascolto dell’altro, delle sue ragioni, delle sue attese, dei suoi bisogni non c’è possibilità di vivere pacificamente. Per questo oggi che nel mondo le guerre non cessano di infliggere a tante donne e a tanti uomini la più tragica delle morti occorre ritrovare il primato dell’ascolto, del dialogo e del confronto, rispetto alla prepotenza del parlare “da soli”, del parlare “contro”, del parlare “sopra” agli altri. La preghiera che dobbiamo elevare al Cielo non è esattamente come quella della tradizione degli Alpini dove si invoca Dio “perché le nostre armi siano più forti”, ma perché tacciano per sempre le armi di morte e di distruzione.
