Allegato: Lunedì Santo in Vescovado
Lunedì della Settimana Santa 2025 (auguri alla Curia)
(Is 42,1-7; Sal 27; Gv 12,1-11)
Vescovado di Verona, lunedì 14 aprile 2025
“Tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo”. Così l’evangelista Giovanni rievoca un fatto che coincide con l’avvio della Settimana di Pasqua. Si tratta di un fatto pluriattestato che fa già parte del racconto ecclesiale della passione e quindi, secondo la predicazione stessa, viene proclamato ogni volta che si proclama il Vangelo della morte di Gesù. La domanda che più si è ripercossa nella storia della esegesi è sul significato dell’affermazione: «I poveri li avete sempre con voi». Forse Gesù dice che non c’è nulla da fare di fronte alla povertà? Di fatto Gesù, volendo definire l’azione della donna, che è criticata dai discepoli, la chiama «opera bella» (cf. Mc 4,1-11). È bella perché è inaspettata, anzitutto. Viene nel mezzo del banchetto a dare un profumo incredibile a tutta la sala, senza che nessuno lo prevedesse. È un gesto inatteso eppure dovuto a un ospite illustre. Un’opera inaspettata quindi, e originale, creativa. Ha la bellezza dei gesti umani che non sono semplicemente adempimenti di leggi oppure risposte a esigenze di efficienza ma sgorgano dall’intimo della persona che li compie. È anche un gesto gratuito e totale, esaustivo. Infine, è un gesto cristiano perché contiene una profezia della morte e risurrezione del Signore. Possiamo anzi dire che la donna, con quel gesto, entra nella morte e risurrezione di Gesù, fa un’opera battesimale. E chi è il cattivo discepolo? Colui che non capisce questi valori, che li critica, che va alla ricerca di gesti clamorosi, dalle risonanze grandiose. Mentre invece il profumo del balsamo si perde nella oscurità della casa di Simone.
E i poveri? Che dire dei poveri? I cosiddetti discepoli sono qui fuori strada e in realtà non si preoccupano dei poveri. Se ne preoccupa il “vero discepolo” che è la donna, perché i cosiddetti discepoli oppongono erroneamente il servizio reso ai poveri all’adesione personale a Gesù che sta per morire, quasi si dovesse scegliere tra le due opere. Si tratta di un rischio in cui noi spesso incorriamo: dare ai poveri o onorare Gesù raccogliendo la sua morte e risurrezione? Non comprendiamo che è l’accettazione di quella morte, come gesto supremo d’amore per noi, che abilita poi il discepolo a mettersi incondizionatamente al servizio dei poveri. L’aiuto reso ai poveri sarà sempre una delle caratteristiche della comunità che ha scelto di seguire Gesù. Ecco dove il laico cristiano trova la radice anche di ogni suo impegno sociale e civile per i poveri. La donna del Vangelo ha colto l’unità delle scelte. Mi auguro che questa “unità delle scelte” emerga sempre di più anche nei molteplici servizi resi alla Chiesa scaligera e alla società veronese perché come la donna di Betania la Curia sappia scorgere nel profumo del Vangelo che è Gesù Cristo quel che va partecipato all’umanità. Questo, peraltro, è il senso ultimo del nostro credere e del nostro agire. Questo dove essere l’ispirazione del lavoro della Curia, il cui termine sembra suonare estraneo al nostro tempo, ma si riscatta immediatamente quando si mette in luce il suo contrario: l’incuria. Il lavoro della curia ha come obiettivo di superare l’incuria del mondo e della Chiesa.
