La differenza come alleanza – Solennità Assunzione di Maria

Allegato: La differenza come alleanza – solennità dell’assunzione di Maria

 

Solennità dell’Assunzione di Maria

(Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab; 1 Cor 15,20-27a; Lc 1,39-56)

Cattedrale di Verona, parrocchia San Nicolò all’Arena, parrocchia di Bure, venerdì 15 agosto 2025

 

Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto”. La visione dell’Apocalisse evoca in modo simbolico il destino dell’umanità, alludendo a una donna che sta per diventare madre di un uomo. Il problema è che “gli uomini sono figli delle donne, ma non sono come noi”, cantava sconsolata M. Martini nel 1991. Resta vera, però, una cosa che si dimentica facilmente: solo con la donna l’uomo può generare, altrimenti può solo fabbricare.

Questa verità si chiama “reciprocità” e Maria – che è una donna prima che essere la Madonna – ci aiuta a riscoprirla. Infatti, se il maschio è “uno”, la donna è… “due”. Nel senso che il femminile è strutturalmente aperto alla relazione e fatto per ospitare in sé un’altra esistenza. Come dimostra la pagina evangelica della Visitazione dove l’incontro tra Maria ed Elisabetta diventa… un incontro a quattro con Gesù e il Battista in pancia alle loro mamme. Il maschile è uno, non solo perché ha una logica molto modesta, ma perché per l’uomo l’identità viene prima della relazione. La verità della vita, invece, è la relazione: l’uomo e la donna sono reciprocamente sono “ad immagine e somiglianza di Dio” (cfr. Gen 1,26-27). Attenzione: qui la reciprocità non è la semplice complementarietà. Questa, infatti, evoca una semplice divisione dei compiti, senza eliminare la divisione e, peggio, continuando a perpetuare le disuguaglianze. La reciprocità è molto di più. Adamo ed Eva, del resto, non sono due individui che poi si mettono in relazione, ma sono “carne della stessa carne” (cfr. Gen 2,18-25) e danno vita ad una nuova esperienza. Dunque, se la “complementarietà” è all’insegna della divisione, “la reciprocità” è all’insegna dell’indissolubilità di ciò che è unito. Ed è proprio questa tensione che rende la vita dinamica, feconda e creativa. Se questo è vero, dobbiamo trarne le debite conseguenze.

La prima è che il femminile è alter, cioè differente e non aliud, cioè alieno. Con il che si evita sia la perversione della complementarietà dominatrice sia il rifiuto della differenza. La seconda conseguenza è che la “reciprocità” è la strada per imparare l’“ospitalità”, così necessaria oggi per respingere ogni forma di intolleranza e di violenza. Come nella condizione della donna che mette al mondo qualcuno, in una relazione asimmetrica, dove una vita è più fragile dell’altra, senza però entrare in competizione, in conflitto, in guerra. Che mondo sarebbe se provassimo a immaginare che la differenza di potere e di autonomia non porta dominio, ma alleanza?

Quest’oggi, fra qualche ora, per singolare coincidenza, due uomini si incontreranno in Alaska per discutere di guerra e di pace. Preghiamo la Vergine Maria che è assunta in cielo in corpo e anima per il suo legame genetico con il Figlio morto e risorto. Preghiamo perché i due non dimentichino di essere “figli delle donne”!

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