La bellezza dell’incontro sul monte – Festa della Trasfigurazione

Allegato: 06_08_2024 – la bellezza dell’incontro sul monte – Festa della Trasfigurazione – Chiesa di Santa Maria al Paradiso in Verona

Festa della Trasfigurazione

(2 Pt 1,16-19; Sal 96; Mc 9,2-10)

Chiesa di Santa Maria del Paradiso in Verona, mercoledì 6 agosto 2025

Rabbì, è bello per noi essere qui”. L’espressione estasiata e un po’ ingenua di Pietro rende alla perfezione lo stupore di un fatto storico che colpì profondamente il principe degli apostoli, al punto che egli stesso dirà anni dopo: “Non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza”. Per scoprire la bellezza e la grandezza della trasfigurazione di Cristo converrà ripensare a quando i discepoli salgono sul monte, a quando vivono sul monte e a quando scendono dal monte.

Quando salgono sul monte, anzitutto. C’è da immaginare che abbiano faticato a raggiungere la meta portando con sé la stanchezza del vivere, che rischia di trasformarsi in quella mediocrità che è il contrario della bellezza. Essa si manifesta come il calcolo egoistico che prende il posto della generosità; l’abitudine ripetitiva che sostituisce la fedeltà creativa; l’accidia svogliata che moltiplica pensieri vuoti e parole al vento. Come in versi scriveva un mio vecchio professore di fronte a certo “dialogo” contemporaneo: “È un lasciarsi / dondolare / pigramente / sull’altalena del pensiero… / e ragnatele di argomenti / che pencolano / nel vuoto. / È un bere / a grandi sorsi / ingordamente / nebbia con fumo. / Cercatori senza ideale, / avventurieri senza eroismo, / eunuchi dello spirito. / Sono stufo / di tante parole / senza idee. / Sono stufo di tante idee senza cose” (M. Rosin, 1966). Nel salire verso il monte, Pietro, Giacomo e Giovanni, hanno sentito la stanchezza sulle gambe, ma anche l’emozione di sollevarsi rispetto alla banalità “di tante parole senza idee e di tante idee senza cose”.

Quindi, vivono sul monte. È un tempo breve, ma intenso in cui accade l’imprevedibile, come la tras-formazione del Maestro che appare ai loro occhi differente. Tutto, in realtà, accade nell’ombra prodotta da una nube da cui proviene la parola: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. L’uomo che presto vedranno accusato, violentato e ucciso va “ascoltato”, cioè compreso e non frainteso. La vera bellezza è soltanto l’amore. E quando la Chiesa diventa l’incontro con l’amore crocifisso e risorto allora essa diventa un’esperienza che scalda il cuore e illumina la mente.

Infine, scendono dal monte. Perché la bellezza non è possesso, è dono e come tale va donata, non trattenuta. È l’invito del Cristo risorto ad andare e non a starsene a parte per fare esperienza della bellezza, per annunciare la bellezza che salva, per condividere con tutti la ricerca e il dono della bellezza. “Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio” (S. Weil, Quaderni, IV, 182-183). E ancora: “Se un uomo mi descrive nello stesso tempo due fianchi opposti della montagna, io so che si trova in un luogo più elevato della cima”.

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