Anteprima rassegna Poeti sociali
Cattedrale di Verona, 25 settembre 2025
Ci ritroviamo stasera, portando nel cuore il peso e l’angoscia per i drammatici eventi che continuano a insanguinare la Terra Santa. È con noi il Patriarca latino di Gerusalemme che non può e non vuole lasciare ora la sua gente. Il card. Pizzaballa, pur nato a due passi da noi, ha trascorso gran parte della sua vita dove si trova ora. Nessuno meglio di lui sa cosa è accaduto prima, durante e dopo il tragico 7 ottobre di due anni fa. Il nostro incontro non può che partire dal desiderio più profondo e forse più universale: quello che i sogni dell’umanità hanno espresso attraverso i secoli, il sogno dell’Eden. L’Eden rappresenta l’idea di una condizione di armonia, di assenza di violenza, ingiustizia, separazione e sopraffazione. Il sogno di un giardino in cui non è necessaria la lotta per la sopravvivenza o il potere, e dove si vive senza conflitto. Guardando al Medio Oriente, dove un tempo alcuni cartografi immaginavano l’ubicazione dell’Eden, oggi vediamo invece una realtà che assomiglia a “A oriente dell’Eden”, la regione dove Caino si stabilì dopo aver ucciso suo fratello. Ma le città devono sempre nascere dal sangue? Come per Caino o per Romolo? L’ebraismo conosce ben altro. Ha nella propria storia la ricerca di una terra promessa che viene donata, conosce i deserti della vita e il senso di abbandono, rispetta la pluralità dei punti di vista, segue una Legge d’amore e di gratuità: «Amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono il Signore» leggiamo nel libro del Levitico. A noi in questo momento restano da ascoltare le voci dalla Terra Santa. “Non dimenticatevi di me”, scrive Sara Awad, una studentessa palestinese il cui sogno più grande è finire l’università e diventare giornalista. “Non dimenticatevi della gente di Gaza e dei loro due milioni di storie d’amore, di angoscia e di perseveranza”. Ci restano poesie come forme di resistenza. Cosa significa essere poeta in tempo di guerra? Ce lo dice la voce di Hend Joudah: “Significa chiedere scusa, / chiedere continuamente scusa, agli alberi bruciati, / agli uccelli senza nidi, alle case schiacciate, / alle lunghe crepe sul fianco delle strade, / ai bambini pallidi, prima e dopo la morte / e al volto di ogni madre triste, / o uccisa! / Cosa significa essere al sicuro in tempo di guerra? / Significa vergognarsi, / del tuo sorriso, / del tuo calore, / dei tuoi vestiti puliti, / delle tue ore di noia, / del tuo sbadiglio, / della tua tazza di caffè, / del tuo sonno tranquillo, / dei tuoi cari ancora vivi, / della tua sazietà, / dell’acqua disponibile, / dell’acqua pulita, / della possibilità di fare una doccia, / e del caso che ti ha lasciato ancora in vita! / Mio Dio, / non voglio essere poeta in tempo di guerra”.
Ascoltare le voci è l’obiettivo di stasera. E di continuare ad agire in direzione della voce ascoltata. Da anni la Chiesa di Verona è vicina alla Terra Santa: dal 2012 prosegue il gemellaggio con il villaggio palestinese di Zababdeh, del quale appena lo scorso giugno abbiamo accolto 30 giovani palestinesi, in occasione del Giubileo. E si potrebbe dire dell’Associazione “Bambini di Betlemme” che promuove l’opera del Caritas Baby Hospital. Anche stasera raccoglieremo risorse da destinare al card. Pizzaballa. Del quale ora attendiamo la parola, grati per la sua presenza.
