Allegato: Inquieti pellegrini di questo tempo – XIX domenica t.o. e festa san lorenzo
XIX domenica per annum 2025 e festa di San Lorenzo
(Sap 18,6-9; Sal 33; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48)
Parrocchia San Lorenzo in Albarè, domenica 10 agosto 2025
“Per fede, Abramo, chiamato da Dio, … partì senza sapere dove andava”. Così nel celebre capitolo 11 della Lettera agli Ebrei viene descritto il nostro “padre nella fede”. Abramo, a differenza di Ulisse, non parte per tornare al punto di partenza, ma si inoltra da subito verso ciò che è inesplorato e che rappresenta la terra misteriosa che è Dio stesso. Credere, dunque, non è ritenere che la vita sia un’odissea che finisce dove è iniziata, come fosse il… gioco dell’oca (sic!). Credere, al contrario, è fidarsi di Dio che ci offre un biglietto di sola andata, non nel senso che l’aereo precipiterà, ma nel senso che è sempre ‘oltre’ che dobbiamo puntare ad arrivare. Questa prospettiva della fede spinge a considerare la storia come una linea che si distende in avanti e non come un circolo in cui si resta impigliati, come nel mondo pagano. È questa la grande novità della fede ebraico-cristiana che spinge verso il futuro senza lasciarsi risucchiare dalla nostalgia per Itaca.
Se questa è la prospettiva da coltivare, giova individuare l’atteggiamento giusto da tenere mentre la nostra esistenza procede, perché l’invito del Maestro è chiaro: “Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese”. Gesù non sta seminando il panico, né terrorizzando i suoi. Vuole semplicemente che non ci si lasci vivere, ma che si abbia sempre la consapevolezza che non ci si può addormentare dimenticando che nel frattempo si procede avanti. Questo atteggiamento stolto è quello incarnato dall’amministratore infedele, non a caso, che si concentra sul proprio tornaconto invece che dedicarsi alla crescita dei suoi dipendenti. Questo è il punto. Sapere che la vita non ha in se stessa la spiegazione e spinge a cercare sempre oltre, vuol dire non stabilizzarsi mai, non avere la pretesa di sentirsi arrivati. Per questo è necessario che si sia svegli, cioè attenti a quel che succede dentro e intorno a noi. È sveglio quel pastore che non si accontenta di lisciare il pelo al proprio gregge, ma lo stimola a riprendere sempre di nuovo il cammino, anche se i risultati sono scarsi. È sveglio quel genitore che non si accontenta di dare delle cose ai figli per soddisfarne i bisogni, ma sa scoprirne e, all’occorrenza, sa risvegliare i loro desideri profondi. È sveglio quel politico che non si accontenta di vedere accresciuto il consenso, ma ne fa la base per governare. E non il contrario: cioè non si governa in attesa di veder crescere il proprio consenso (!).
Credere è un modo di stare al mondo e di attraversarlo da sveglio, sapendo che “dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”. I. Silone ha scritto che i cristiani attendono il Signore con la stessa indifferenza e noia con cui aspettano il tram (!). Se così è, inevitabilmente “si attacca” il cuore alle cose materiali, dimenticando la prospettiva che ci fa inquieti pellegrini in questo tempo, sempre in cammino, in avanti verso la piena rivelazione della vita che Dio ci riserva quasi a nostra insaputa. Perché “a chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”.