Giovedì 4 dicembre

In mezzo ai cambiamenti del mondo dev’esserci qualcosa che ci tenga fermi

Basilica di San Zeno Maggiore

Giovedì della I di Avvento
(Mt 7,21.24-27)
Basilica di San Zeno Maggiore in Verona, giovedì 4 dicembre 2025

Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. Per gli antichi Greci non c’era distinzione tra ragione e volontà. A differenza dei medievali della Scolastica, i Greci non concepivano che un uomo potesse essere così schizofrenico dal pensare una cosa e dal farne poi un’altra. Per Socrate il peccato è l’ignoranza: se uno sapesse ciò che per lui è bene, lo farebbe senza alcun intralcio. Molto più realista appare invece un autore latino come Ovidio, e al suo seguito san Paolo; per il qualenon compio il bene che voglio, ma il male che non voglio (Rm 7,19). È una contraddizione molto forte e oggi presente soprattutto nei riguardi del prossimo. Come detto ironicamente una volta da W. Allen: “Io amo l’umanità. È la gente che non sopporto!”.

Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio… Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto”. La parabola suona minacciosa nei riguardi di una comunità che non si impegna sul piano dell’orto-prassi, ma soltanto della teoria o del rito. Ma suggerisce pure la condizione di oggi che secondo Catherine Ternynck è quella di “un uomo di sabbia”. Il suolo umano si è impoverito, si è svuotato del suo humus di relazioni, legami, responsabilità; è divenuto friabile, inconsistente. Su questo terreno incerto l’uomo stesso diventa ‘di sabbia’. Una figura inafferrabile e impastata di contraddizioni, ma con un tratto: la sensazione di una stanchezza. È un uomo che fatica a portare la sua vita. Costantemente dubita del tragitto e del senso. Chiede riconoscimento e rassicurazione.

Per contro, i castelli medievali italiani vengono chiamati “rocca” perché costruiti su un’altura rocciosa. Sono ancorati alla natura che li tiene in piedi a differenza di terreni sabbiosi instabili e mutevoli. La nostra vita oggi sembra costruita per lo più sulle sabbie mobili di certezze variabili, di coscienze intorpidite, di slanci frenati. Il rischio è quello di essere sempre ad un passo da uno tsunami che mette tutto a soqquadro. Dobbiamo ritrovare la roccia che è la fede umile e coraggiosa di Barbara che non teme di aderire alla Parola fino a farla diventare carne della propria carne. In mezzo ai cambiamenti del mondo dev’esserci qualcosa che ci tenga fermi. Questa cosa sono i legami che non a caso rappresentano la relazione con Dio e con gli altri. Occorre investire di più su questi legami che sono come il palo a cui Ulisse si fa legare per non lasciarsi distrarre dalle sirene durante la navigazione. Anche noi abbiamo bisogno di trovare legami forti e generativi che non ci facciano sentire soli, ma in contatto con gli altri, in primis con Dio.

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