Allegato: Istituzioni lettorato e accolitato in Seminario
Barnaba
Istituzione lettori e accoliti
(At 11,21b-26;13,1-3; Sal 97; Mt 10,7-13)
Cappella San Pietro del Seminario maggiore, mercoledì 11 giugno 2025
“Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede”. Così il testo degli Atti descrive Barnaba: uno dei primissimi a prendere sul serio il Vangelo, pur non avendo conosciuto personalmente il Signore. Senza di lui la Chiesa sarebbe rimasta chissà ancora quanto tempo prigioniera delle pastoie giudeo-cristiane di Gerusalemme. Barnaba, invece, ha una intuizione profonda, è libero da pregiudizi, da paure e capisce che ad Antiochia sta operando lo Spirito. È capace anche di mediare: di rassicurare Gerusalemme e di incoraggiare Antiochia, evitando le rotture. Non riesce invece a evitare una clamorosa rottura con Paolo, cui era stato di importanza fondamentale. Che cosa è accaduto? Probabilmente il rapporto si è incrinato per tante ragioni, non ultima la scelta dei collaboratori, vedi Marco che Paolo rifiuta; ma soprattutto per il fatto che Paolo stava tirando la corda per la rottura coi giudaizzanti e Barnaba invece era l’uomo delle grandi amicizie con la Chiesa giudeo-cristiana e vedeva più opportuno non rompere. Barnaba già intravedeva la spaccatura con la Chiesa giudeo-cristiana che poi è avvenuta e avrebbe voluto evitarla ad ogni costo. Anche Paolo diceva a parole che voleva evitarla, ma in realtà agiva in maniera da irritare ed esasperare gli avversari. Per questo Paolo dirà a Barnaba che si è lasciato attirare dalla ipocrisia dei Giudei (Gal 2,11-14).
La rottura dell’amicizia fu per entrambi traumatica. Ciascuno però ebbe modo di concentrarsi sull’amicizia con Cristo e di vivere il ministero con un di più di autenticità e di libertà. Quella di cui si fa interprete il Maestro nella pagina evangelica appena proclamata.
Tre sono gli elementi che descrivono lo stile del predicatore e del missionario. Il primo è “strada facendo”, cioè la quotidianità dell’annuncio che avviene non in contesti protetti o peggio isolanti, ma nel bel mezzo della vita di ogni giorno. Non si dà più uno spazio protetto, ma è la “strada”, cioè l’esperienza normale, il tempo da attraversare e in cui incontrare chiunque. Il secondo elemento è: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” che riconduce l’apostolato ad una libertà dai risultati e dalle conferme che rende il servizio aperto a qualsiasi possibilità senza ‘ansia da prestazione’ che genera quella stanchezza che rende presto insensibili e inservibili. Infine, l’ultimo elemento è: “entrando nella casa, rivolgetele il saluto”. Cosa vale un saluto? Tantissimo. È la ripresa di quel dialogo e di quella conversazione che è oggi una priorità se si vuol uscire dal monologo che ci lascia a parlare da soli. Un evangelizzatore con spirito oggi non può prescindere da questa capacità di aprire una conversazione. Perché ci aspettiamo più dalla tecnologia che dalle relazioni umane?, ci si interroga. Ma verrebbe da chiedersi anche un’altra cosa: perché qualche volta ci aspettiamo di più dalle nostre tecniche piuttosto che dall’incontro con l’altro?