Allegato: Cresime a Bovolone
IV domenica di Quaresima
Cresime a Bovolone
(Gs 5,9a.10-12; Sal 33; 2 Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32)
Bovolone, domenica 30 marzo 2025
“Un uomo aveva due figli”. Comincia così la più celebre delle parabole di Gesù che non si può migliorare, ma solo peggiorare con le nostre parole. Al punto che uno spirito inquieto come Charles Péguy ha scritto: “Se mai dovessero perdersi i quattro Vangeli, che almeno si salvi questa pagina. Basterebbe!”. Se dovessimo perdere tutto il Vangelo e restasse solo questa pagina, sapendo di cosa parla, capiremmo chi è Dio e… chi siamo noi! Ci sono tre piccoli particolari che meritano di essere richiamati.
Il primo è quando il figlio minore si ritrova a pascolare i porci dopo aver dissipato l’eredità e Luca annota: “Ritornò in sé”. Per un attimo, cessa di essere solo il buontempone e riguadagna la sua interiorità, cioè quello spazio di solitudine in cui impara di nuovo a dare del “tu” al suo io. La solitudine è il dono che lo Spirito vi insegna ad abitare. Non è l’isolamento in cui qualche volta vi cacciate, ma appunto la solitudine in cui imparate a stare con voi stessi, a capire che cosa volete, al di là della pressione esterna che vi profila a piacimento. Il figlio ribelle viveva nell’illusione di poter godere dell’amore senza vincolo. Come l’uomo di oggi che vuole affetto senza impegno. Come quelli che vogliono il vino senza l’alcol.
Il secondo particolare è il figlio maggiore che irrompe sulla scena quando ormai la parabola sembra chiusa. Anche lui senza dirlo era andato via di casa. Se per il figlio minore la casa era troppo stretta, per quello maggiore era troppo vuota. Non si capisce sennò perché se la prende col padre perché ha accolto l’altro figlio. Il maggiore non ha capito neanche lui il padre, ma gli rinfaccia il figlio senza riconoscervi il fratello. È l’adolescente arrabbiato che spesso abita in noi: che vive solo di confronti, che fa paragoni, che si misura con gli altri. Arrabbiato e depresso, il figlio maggiore non riesce a far festa perché quel che è dato all’altro fratello è tolto a lui. Se ci si ci sente figli senza mai sentirsi fratelli non si è veramente credenti. Dall’ostilità all’ospitalità è la strada della vera spiritualità.
Il terzo particolare è il padre che corre incontro al minore e lo abbraccia ed esce fuori verso il maggiore che non vuole entrare. A prima vista sembra un papà troppo accondiscendente, che lascia fare. Ma non è così. Si mostra trepidante e scruta l’orizzonte, si muove verso il maggiore che scalpita per il mancato riconoscimento. Il padre è diverso da come l’avevano immaginato sia il figlio minore che il figlio maggiore. Ed è quest’esperienza inaspettata che può rimettere in piedi entrambi. È unico e non un esempio da imitare per noi impossibile: è Dio! Dall’illusione di credere in Dio alla preghiera è l’esodo da compiere. La parabola termina senza dirci se il fratello maggiore abbraccia quello minore. Metafora della libertà umana che decide di una parabola che è, in realtà, una straordinaria metafora dello scandaloso volto del Padre di Gesù. A voi decidere da che parte stare.
