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Assemblea presbiteri e diaconi

Si è svolta giovedì 9 e venerdì 10 ottobre nell’ex seminario di San Massimo l’Assemblea dei presbiteri e dei diaconi della Chiesa di Verona. Circa 320 i partecipanti nella due giorni, presieduta dal vescovo Domenico Pompili e partecipata pure dai delegati episcopali.

La prima giornata è stata occasione per raccogliere l’introduzione di don Alberto Giusti sull’abitare la complessità come presbiteri e diaconi, e le testimonianze di due presbiteri impegnati nella pastorale giovanile (parrocchiale e vicariale), una laica impegnata a livello parrocchiale e diocesano, un parroco di un’unità pastorale.

Nei 31 tavoli, poi, i partecipanti si sono confrontati su alcune questioni, in particolare fatiche che si vivono nella complessità e nodi urgenti da affrontare. Le risposte sono state poi condivise con il vescovo Domenico e con mons. Erio Castellucci, vescovo di Modena-Nonantola e Carpi, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, che venerdì 10 ha proposto la relazione teologico-pastorale “Le parrocchie nella complessità. Quale presenza di Chiesa?“.

Partendo dalla doppia etimologia di “parrocchia” che può designare sia la prossimità (vicina alle case) sia l’estraneità (abita in un territorio che non è il suo), ha indicato che deve essere sempre una straniera che si fa vicina alle case. Essa infatti si sente estranea perché in questo mondo non si riconosce pienamente e si ritrova smarrita, come del resto tutta la gente oggi; si fa prossima perché desidera essere vicina ad ogni persona e situazione, in coerenza con la sua forma domestica che delinea i rapporti, all’insegna della fraternità e sororità, dell’unità al di là delle differenze. Solo tenendo insieme estraneità e prossimità, la parrocchia può essere ancora attraente e missionaria.

Dopo un lungo tempo per il confronto a tavoli tra presbiteri e diaconi di età e ministero differente, mons. Domenico Pompili ha proposto una sintesi, basata sul tenere insieme estraneità e prossimità. Ha ricordato che tra Chiesa e storia c’è e permane estraneità, non ci può essere identificazione: in parrocchia lo si raccoglie quotidianamente perché il mondo tira verso ciò che è esteriore, visibile, veloce, superficiale, provvisorio, mentre il Vangelo punta su ciò che è interiore, invisibile, lento, profondo, eterno.

Si tratta, quindi, di vivere l’estraneità non con il complesso di chi sta fuori da questo mondo, ma con la prossimità. Questo passa per la centralità di relazioni autentiche, per la fraternità (tra preti, diaconi, comunità), per la formazione che rende possibile leggere le linee complesse di oggi, dall’accettare che non ci possono essere risposte nette, chirurgiche, definitive, perché nella complessità non si possono avere soluzioni immediate, c’è intreccio di luci e ombre, e l’annuncio va modulato sulle persone e contesti concreti con i quali ci si trova.

Il Vescovo, facendo proprie alcune istanze emerse dai tavoli, ha parlato di una parrocchia che non sia un rifugio che si distacca dal mondo, ma che è chiamata ad essere una tenda, leggera, che può stare ovunque ma risente molto del cambio climatico esterno; che accetti di essere porosa, che respira le cose del mondo, che sia in fibrillazione, che stia sulla soglia, che passi dalla logica del conteggio alla logica del contagio, che non si lascia soggiogare dalla rilevanza sociologica ma evangelica; che guarda agli incontri autentici che accadono alle persone a contatto con il Vangelo, che offra spazi di fraternità e misericordia, offrire senso e orientamento; che faccia propria la spiritualità dell’abitare, che desidera l’incontro che cambia le persone, che sa suscitare le domande più che affermare, che bussa per poter continuare a portare il Vangelo.

Al termine della due giorni, don Diego Righetti ha presentato l’Assemblea diocesana che si terrà a Isola della Scala il 16 maggio 2026 e il percorso parrocchiale e vicariale che la preparerà. Vuole essere un confronto allargato nella prospettiva della fede, un stringersi come battezzati attorno al Risorto per chiedere la sua volontà in questo tempo, dove sta già seminando, quali strade apre. Il tutto nell’orizzonte del Cammino sinodale nazionale che parla di cambiare mentalità, cambiare formazione, corresponsabilità e porta a interrogarsi su tre istanze: essenzialità, profondità, reciprocità.

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