Il Servizio nazionale per la tutela di minori e adulti vulnerabili della CEI ha pubblicato la terza rilevazione sulla rete ecclesiale, che si dimostra più ampia, più preparata, più laica; il limite è che risulta ancora molto chiusa nel proprio perimetro. Il dato simbolico è questo: nel 2024 i Centri di ascolto hanno registrato 373 contatti. Erano 38 nel 2020. Aumentano le segnalazioni, ma anche la fiducia. Cresce la formazione, si moltiplicano i referenti e le équipe, i laici superano i chierici. Tuttavia, le relazioni con il mondo esterno – enti civili, media, associazioni – restano fragili. Proteggere, prevenire, formare non può essere solo uno slogan: la Chiesa italiana è chiamata a trasformare la tutela in uno stile permanente, visibile e affidabile, capace di permeare ogni ambito della vita ecclesiale.
La ricerca, basata sul metodo della participatory action research, ha coinvolto 184 diocesi su 194 (94,2%), 16 servizi regionali e 103 Centri di ascolto attivi. Si consolida la presenza laica nei servizi: il 46,7% dei referenti è laico, mentre i chierici rappresentano il 46,2%; le donne sono il 52% delle équipe e il 70,6% dei responsabili dei Centri di ascolto. Anche le professionalità si diversificano: psicologi (24,3%), legali (18,1%), educatori, canonisti, pastoralisti e operatori della comunicazione danno forma a un approccio interdisciplinare. La formazione si conferma come elemento cardine: nel 2024 sono stati realizzati 781 incontri, con 22.755 partecipanti, tra cui operatori pastorali, sacerdoti, religiosi, educatori e membri di associazioni.
Sommando il 2023, si arriva a 42.486 partecipanti in due anni, con un aumento del 295% rispetto al 2020. La Giornata nazionale di preghiera del 18 novembre è ormai un appuntamento consolidato: l’85% delle diocesi la celebra stabilmente. Emergono anche nuovi focus: abusi spirituali, etica relazionale, buone prassi educative, dignità della persona.
Accanto ai progressi, la rilevazione fotografa resistenze strutturali. Solo il 18% delle diocesi ha attivato collaborazioni con enti civili, appena il 10,3% partecipa a tavoli istituzionali. Le valutazioni medie dei referenti sulle relazioni con soggetti esterni restano basse: 2,6 su 10 per i rapporti con enti locali, 2,2 per quelli con le associazioni non ecclesiali. Anche a livello intraecclesiale si riscontrano difficoltà: l’integrazione con gli uffici pastorali è discontinua, la comunicazione delle attività carente, le sinergie con movimenti e associazioni deboli. Più positivi i rapporti tra referenti diocesani e servizi regionali, con una valutazione media di 8,2.
In crescita anche la sensibilità del mondo associativo esterno, passata da 3,6 nel 2022 a 5,9 nel 2024. Restano però da superare la frammentarietà e una certa autoreferenzialità che rischia di frenare lo sviluppo di una tutela realmente condivisa.
I dati dei Centri di ascolto restituiscono un altro elemento chiave: le persone si stanno avvicinando, chiedono ascolto, accompagnamento, verità. Nel 2024 sono stati segnalati 69 casi di presunto abuso, in parte relativi al passato e in parte recenti. Ad essi sono associati 67 presunti autori: 44 chierici, 15 religiosi e 8 laici. La maggior parte delle segnalazioni riguarda l’ambito parrocchiale (27 casi).
Le presunte vittime sono in prevalenza minori maschi, con una concentrazione significativa nella fascia 10-14 anni. L’età media dei presunti autori è salita da 43 a 50 anni rispetto al biennio precedente. Tra le richieste pervenute ai Centri, il 15,2% proviene da persone che si identificano come vittime; il 35,4% riguarda episodi di abuso in contesto ecclesiale.
Sono stati attivati anche 12 percorsi di accompagnamento spirituale e 11 psicoterapeutici. La conclusione della rilevazione raccoglie le priorità indicate dai referenti: formazione continua, protocolli comuni, accompagnamento competente, comunicazione trasparente. Non si tratta più solo di reagire, ma di costruire una Chiesa affidabile, capace di custodire e generare fiducia. In gioco c’è la credibilità dell’intera comunità ecclesiale.
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