Giovedì Santo, 17 aprile

Li amò sino alla fine

In carcere e in Cattedrale

Il vescovo Domenico ha aperto il triduo pasquale con una doppia celebrazione della Messa in coena Domini.

La prima, nel pomeriggio, presso il carcere di Montorio: circa 140 detenuti nella cappella, animata dal suono della chitarra e dal canto, il gesto della lavanda dei piedi a 6 uomini e donne.

In Cattedrale, poi, alle 18.30 con il Capitolo dei canonici, i concelebranti e la comunità parrocchiale, a cui appartengono i 6 bambini e le 6 bambine a cui il vescovo Domenico ha lavato i piedi nel ricordo del gesto di Gesù.

Nell’omelia è partito proprio dalla lavanda dei piedi «che in Oriente – ha detto – era un gesto comune all’interno dell’ospitalità. Nel caso di Gesù la lavanda dei piedi presenta alcune varianti: è collocata durante la cena e non all’ingresso della casa; è compiuta dal Maestro in persona e non dallo schiavo di turno che era in genere un non ebreo, preferibilmente una donna».

Tutto questo ha portato alla reazione immediata di Pietro ma anche la Chiesa nei vari secoli ha scoprire il grande messaggio: «Cristianesimo non è moralismo; è, anzitutto dono. Dio si dona a noi – non dà qualcosa, ma sé stesso. Per questo l’atto centrale dell’essere cristiani è l’Eucaristia: la gratitudine per essere stati gratificati, la gioia per la vita nuova».

Questo sono secondo mons. Pompili, diventa anche un compito: «La lavanda ‘purifica’ il nostro sguardo su Dio e fa comprendere il primato della grazia rispetto alla nostra autosufficienza. E allo stesso tempo fa crescere in quel senso di reciproca appartenenza in cui prendersi cura gli uni degli altri. In una parola libera dal mito dell’uomo che fa da sé che porta a chiuderci agli altri e a Dio».

Affidando a tutti anche il silenzio e la preghiera di queste ore speciali per la liturgia cristiana, ha invitato a lasciarsi trasformare dallo stupore «di contemplare Gesù che si inginocchia ai piedi dei suoi fratelli» e dalla mitezza «che è la forza di non lasciarsi contagiare dal male e dalla sua irruenza debordante e corruttiva».

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