In onore di san Basilide, patrono della Polizia penitenziaria, il vescovo Domenico Pompili ha presieduto la Messa nella chiesa del Convento del Barana, alla presenza di agenti, autorità e della direttrice della Casa circondariale di Verona-Montorio Maria Grazia Bregoli.
Così ha detto il vescovo nell’omelia: “Il cammino della croce è una proposta aperta a tutti. Nessuno escluso. Questa, anzi, è la condizione per essere discepoli: la rinuncia a sé stessi è un decentramento, una liberazione da sé, dalle paure e remore che bloccano ciascuno nella preservazione ossessiva del proprio “status quo”. Tutto questo però non può ridursi ad una sensazione psicologica o ad una emozione fuggevole, perché la decisione di seguire il Maestro deve confrontarsi con il rischio della croce. In concreto, deve misurarsi con la rinuncia radicale richiesta dalla morte violenta ed infame. Così è stato per san Basilide, soldato e martire, che ha saputo scegliere la fedeltà e la verità, al punto da trasformare la sua divisa da simbolo di potere a segno di dono“.
Quindi, rivolgendosi agli agenti ha esortato: “Ogni giorno siete protagonisti di una delle sfide più profonde e delicate: tenere insieme il “rigore” della giustizia e il “calore” della grazia. Non è una cosa semplice. La società spinge in direzione esattamente contraria: tende, cioè, a condannare, a semplificare, a ridurre le persone a un reato o a un numero di matricola. Ma dietro ogni numero c’è un nome e dietro ogni nome si nasconde una storia: una trama spesso segnata dal dolore, dalle lacerazioni, da nodi ancora aperti. Il carcere, lo sappiamo anche se non vogliamo ammetterlo, è uno riflesso della società: rilancia le sue paure, le sue contraddizioni, le sue disuguaglianze. Non è un’isola felice ma neanche separata, ma un riflesso condizionato delle nostre incapacità collettive di prevenire, educare, accogliere. In ogni cella si sente il rumore sordo di un fallimento sociale, il silenzio di un’opportunità negata, la sete di un abbraccio mai ricevuto. Siete silenti, accanto a un’umanità spossata, che vacilla e cerca aiuto“.
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Il martirologio ricorda Basilide come un soldato, appartenente probabilmente alla guardia imperiale, la cui vita cambiò radicalmente quando fu incaricato di custodire o sorvegliare una giovane cristiana prigioniera. Colpito dalla serenità e dalla fede della donna, Basilide iniziò a interessarsi al messaggio cristiano, fino a convertirsi e ricevere il battesimo. Questa decisione rappresentò una vera sfida per l’epoca: il cristianesimo era ancora considerato una minaccia all’ordine pubblico, e chi lo professava apertamente rischiava persecuzioni, torture e la morte. Una volta convertito, Basilide non nascose la sua fede. Quando gli fu chiesto di compiere atti contrari al cristianesimo o di rinnegare Cristo, egli rifiutò con fermezza. Questa scelta gli costò l’arresto e, poco dopo, la condanna a morte. Morì probabilmente decapitato, attorno all’anno 202 o 205 d.C., durante il regno dell’imperatore Settimio Severo, noto per aver inasprito la repressione contro i cristiani.
Con decreto della Sacra Congregazione dei riti del 2 settembre 1948, san Basilide è stato proclamato patrono del Corpo degli Agenti di Custodia, oggi Polizia penitenziaria.
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