Assemblea dei presbiteri e dei diaconi

Da mietitori a spigolatori

L'intervento di Mons. Castellucci

All’interno dell’Assemblea dei presbiteri e dei diaconi, è stato affidato a mons. Erio Castellucci, vescovo di Modena-Nonantola e Carpi, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, la relazione teologico-pastorale “Le parrocchie nella complessità. Quale presenza di Chiesa?“.

Guarda sul canale Youtube di Telepace l’intervento integrale del vescovo Erio Castellucci

Mons. Castellucci ha introdotto il termine parrocchia, a cui siamo affettivamente tutti legati, con la sua etimologia doppia: la prossimità (vicina alle case, nei pressi delle case) ma anche estraneità (abita in un territorio che non è il suo, non è mai propriamente a casa, è sempre in esilio). Questi due aspetti, secondo Castellucci, devono appartenere entrambi alla parrocchia, perché è una straniera che si fa vicina alle case.

La prossimità è iscritta nella Chiesa fin dagli inizi perché a caratterizzarla è sempre una forma domestica dalla quale deriva la costante persuasione di una unità di fondo in Cristo che è più importante e più grande di tutte le diversità che ci sono; nella comunità cristiana, un tempo come oggi, vale l’unità e il suo essere “casa” delinea i rapporti, all’insegna della fraternità e sororità. La Chiesa è nata come insieme di persone che si mettono in relazione, immerse in Gesù, per trovare un’unità più profonda di ogni diversità. Deve essere una famiglia e non un’azienda, che ha una logica totalmente diversa; si deve sentire prossima a tutte le situazioni, a tutte le persone.

L’estraneità la si può vivere da una parte condividendo il senso di crisi e di smarrimento della gente di oggi, che sente preoccupazione, impotenza, assenza di direzione e dall’altra non riconoscendosi e non accettando alcuni stili e mentalità “mondane”.

Solo unendo estraneità e prossimità la parrocchia non è qualcosa di superato, ma ambito di comunione viva di partecipazione e con vera valenza missionaria.

Quindi, mons. Erio ha messo in guardia dal chiudersi nella nostalgia di un passato che tante volte ci ha illusi o nella recriminazione, perché siamo chiamati ad avere fiducia e lasciarci stimolare da questa situazione perché il Risorto è presente e lo Spirito Santo lavora. L’invito è a vivere la prossimità in entrata, con la parrocchia che può accogliere tutte le situazioni e far diventare ogni occasione in un incontro tra persone, riconoscere e accompagnare le persone nella loro specifica condizione.

Ha ammesso il Vescovo che questa è la collocazione più faticosa, perché è non mettersi a giudicare chi è degno né dire che va bene tutto, ma si tratta di camminare insieme, cercare anche nuove strade, nuovi linguaggi, nuovi luoghi da abitare, essere prossimi alle paure, sofferenze, risorse della gente, senza pretendere di imporsi, ma mettendosi a servizio, allo stesso tavolo e allora la gente ci cerca, ha desiderio di ascoltarci, chiedono.

D’altronde, Gesù nella parabola del Samaritano ha capovolto le modalità: siamo chiamati a farci prossimo, continuare a cercare le modalità dell’incontro, sapendo che questo è questione di mentalità, non di ricette e strutture materiali, burocratiche, amministrativi, mentali che spesso ci appesantiscono e frenano, perché le priorità vengono dalle situazioni concrete.

Ha concluso con un’immagine tratta dalle sue origini agricole: passare dalla modalità della mietitrebbia alla spigolatura, attenti alle singole spighe, a ciò che può sembrare piccolo e trascurabile.

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