“La vera libertà è non avere limiti”. È questo lo slogan che accompagna lo spot pubblicitario di una nota marca di telefonia, le cui sim attivano milioni di nostri smartphone. E visto che la pubblicità recepisce ed enfatizza la mentalità corrente, è evidente che l’educatore e l’insegnante nel contesto attuale si trovano a confrontarsi quotidianamente con questo diffuso senso comune. Il mantra divenuto mentalità corrente è che se uno vuole, riesce sempre a raggiungere i suoi obiettivi; che non esistono limiti, se c’è la volontà di realizzare il proprio sogno; che tutto è alla propria portata, purché lo si voglia veramente raggiungere. Sottesa a tutto ciò c’è un’immagine patinata di sogno e di successo, un’immagine che spesso è rimandata dai social (il tribunale “popolare” dei like), un’immagine ispirata a modelli stereotipati ma che riescono ad imporsi nel mainstream collettivo.
Nella quotidianità invece la vita mette ragazzi e ragazze di fronte al loro scarto rispetto a quell’immagine, creando spesso in loro frustrazione e senso di impotenza, che nei casi di maggior fragilità può portare a disturbi alimentari quali anoressia e bulimia (il corpo è l’immagine di sé che ragazzi e ragazze espongono al consenso sociale), depressione, quando non addirittura il suicidio. Secondo ricerche dell’Oms in Europa il suicidio è significativamente la principale causa di morte nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 29 anni. La scuola e la famiglia, ognuna con le specificità del proprio ambito, sono quindi chiamate a un compito complesso, difficile perché si scontra con i luoghi comuni della mentalità diffusa, ma irrinunciabile: ridefinire il sentiero che possa permettere a un ragazzo di realizzare sé stesso in pienezza, secondo il disegno già iscritto nella sua originalità e non secondo un cliché standardizzato.
Avere l’obiettivo di diventare ciò che si è non può prescindere dal conoscere sé stessi: l’individuazione e il riconoscimento dei propri limiti, così come la consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri talenti, sono elementi fondamentali per una crescita in pienezza. E se può essere relativamente più facile per un adolescente o un giovane riconoscere i propri talenti, imparare a valorizzarli facendoli diventare strumenti per la propria realizzazione umana e professionale (per quanto il rischio di scivolare nell’utilitarismo egoista sia sempre presente), è invece decisamente più complesso riconoscere e accettare i propri limiti. Lo è perché confrontarsi con le proprie fragilità (fisiche, caratteriali, ambientali) è da sempre e per ogni generazione esercizio faticoso di autocomprensione, ma lo è in particolare nel contesto attuale, quando questi limiti possono divenire stigmi sociali, che rischiano di precludere la vita relazionale. È necessario quindi che l’educatore, l’insegnante accompagni e sostenga l’adolescente e il giovane nella scoperta vera di sé, nella consapevolezza che solo il riconoscimento del proprio limite può permettere di farlo diventare opportunità di crescita; solo attraverso l’accettazione che la mia persona e la mia vita sono oggettivamente “limitate” (dal punto di vista fisico, caratteriale, socio-ambientale) posso individuare anche attraverso il limite strade che mi permettano di fare di quel limite una potenziale risorsa. Famiglia e scuola sono quindi luoghi educativi imprescindibili per crescere nell’accettazione e nella valorizzazione di sé, divenendo ciò che si è.
Mauro Peroni
