L’odio si vince con l’amore – Preghiera giovani 2025 a Vago

Preghiera-giovani 2025
“Anche voi date testimonianza perché siate con me” (Leone XIV). Verso Seoul 2027
(Gv 15,12-27)
Vago, venerdì 31 ottobre 2025

Quello che abbiamo ascoltato per bocca dell’evangelista Giovanni potrebbe sembrare una sorta di Frammenti di un discorso amoroso (R. Barthes) o, se volete, un’anticipazione de L’arte di amare di E. Fromm, dove si sostiene che amare è un’arte che richiede disciplina, concentrazione, impegno e saggezza, non è una capacità innata e la descrive come una delle più importanti attività umane per superare la solitudine e realizzare sé stessi. In realtà, la prospettiva di Gesù è più radicale, più originale, più umanizzante e fa leva sulla sua personale esperienza di un uomo che si avvia verso la morte per vivere fino in fondo il suo amore per gli uomini e le donne di ogni epoca.
Nel testo di Giovanni che rientra nei cosiddetti “discorsi di addio”, Gesù esprime un compiuto inno all’amore e un profondo insegnamento sull’arte di amare, facendo tre affermazioni-chiave su cui sostare in preghiera.

1.
La prima ha a che fare col fatto che ripetutamente dichiara che si tratta di un comandamento: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (v. 12). E ancora: “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri” (v. 17). Ma si può comandare l’amore? A prima vista, le parole di Gesù suonano paradossali: come si può comandare di amare? Come si può attivare con la volontà ciò che invece è spontaneo, ciò che nasce dal cuore? L’amore non dovrebbe essere libero, senza obblighi? Non diciamo sempre che al cuore non si comanda? Il Maestro però sta parlando a persone che gli stanno accanto, ma lo abbandoneranno di lì a poco. Eppure verso di loro nutre un legame speciale. E a proposito di buona volontà, non era san Paolo a sollevare la scomoda domanda: come mai faccio il male che non voglio e non faccio il bene che voglio? È come se Gesù dicesse: se vuoi seguirmi, questo è il modo di amare: un’ostinazione affettiva che arriva fino al tuo nemico. Ma se qualcuno non vuole seguirmi, questo comandamento non vale. Non si può imporre a nessuno di amare i nemici. Ma il segreto dell’amore è arrivare a questa radicalità. Non sarà una pretesa impossibile? Ma davvero possiamo amare così? Sì, possiamo, perché noi riconosciamo di essere amati in questo modo: senza condizioni, gratuitamente. Dio ci ama per quello che siamo, con i nostri limiti, i nostri sbagli, le nostre cadute. Solo che quell’amore, se lo accogliamo, ci cambia. L’amore – se è amore autentico – tira fuori sempre il meglio dalle persone.
Noi allora non scegliamo di amare così, perché non è qualcosa di cui ci scopriamo capaci quando ci immergiamo nell’amore di Cristo. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”, ci ricorda Gesù. Questa è la chiave: l’energia dell’amore è circolare ma asimmetrica. Noi amiamo perché siamo stati amati per primi.
Gesù chiede di arrivare a dare la vita per i propri amici, è impressionante e radicalmente difficile. Può farlo perché Lui l’ha fatto. Non somiglia a certi falsi maestri che ti chiedono ciò che loro non sono disposti a fare, come coloro che mandano gente in guerra restando in qualche bunker, come coloro che si giustificano dicendo di essere come i segnali stradali: indicano la direzione ma non si muovono da quella parte.
Sequela: stare sulla stessa strada, condividere il cammino, seguire qualcuno che apre percorsi nel deserto e che promette fioriture impossibili.

2.
La seconda affermazione-chiave di Gesù è: “Non vi chiamo più servi, ma amici”. Il comandamento, come tutti i comandamenti che abbiamo ereditato nel primo Testamento, non sono leggi nel senso classico del termine: sono mappe di orientamento di un cammino che abbiamo scelto noi, foglietti illustrativi di un farmaco che vogliamo assumere perché ci fa bene, istruzioni per l’uso di qualcosa che vogliamo usare perché ci sembra utile alla vita.
Noi sappiamo che ci sono atteggiamenti e pratiche che rinsaldano le amicizie e atteggiamenti e pratiche che le fanno affievolire fino a spegnerle. Quel comandamento centrale e gli altri ci aiutano a rendere salda l’amicizia con Dio. Sono leggi di amicizia: cercarsi e farsi trovare, creare spazi di ascolto e di parola, vivere momenti di intimità profonda, amare il mondo insieme: meravigliosa convergenza tra il Dio che ama il mondo tanto da mandare il Figlio e l’umanità che ama il mondo seguendo il Figlio fatto uomo.
Questa gratuità dell’amore, però, può essere perduta se noi non la custodiamo, se non la coltiviamo. L’amore di Dio è una forza potente che può trasformare il mondo, ma richiede la nostra risposta libera e generosa. Come discepoli, siamo chiamati a non annacquare questa forza dell’amore, ma a lasciarci trasformare da essa.

3.
La terza affermazione-chiave che copre gran parte del testo da meditare è: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me”. Attenzione però: non si tratta di cercare lo scontro, di vantarsi di avere nemici come se fosse un segno di distinzione. Non vale il detto “molti nemici, molto onore”, frase di Georg von Frundsberg (1473-1528), oggi malamente attribuita e utilizzata.
Nelle tensioni tra l’odio e l’amore, Gesù ci invita a credere che l’amore sia più forte, che ci sia un’asimmetria tra bene e male, e che anche quando ti sembra di aver perso forse c’è un dono nuovo che ti aspetta. È la logica della Pasqua. I conflitti non mancano. Occorre però viverli senza farli degenerare in guerra e senza però nemmeno rimuoverli: attraversiamoli con la fiducia pasquale, sapendo sempre che tra l’odio e l’amore siamo chiamati a sbilanciarci dalla parte dell’amore. Solo l’amore disinnesca la violenza. Ma l’odio si vince con l’amore: quel comandamento è una strategia per abitare questo mondo e per prendersene cura.
Ed ecco la chiave finale: l’odio si vince con l’amore. Il comandamento dell’amore non è solo un precetto morale, ma una vera e propria strategia per abitare questo mondo e per prendersene cura. Quando ci amiamo gli uni gli altri come Gesù ci ha amati, diventiamo segno visibile dell’amore del Padre, diventiamo testimoni credibili del Vangelo. L’amore cristiano, fatto di piccoli gesti quotidiani e di grandi scelte profetiche, è l’unica forza capace di trasformare realmente il mondo, di costruire quella “civiltà dell’amore” di cui parlava già S. Paolo VI.
L’amore di cui qui si parla riguarda il nostro rapporto con noi stessi, i nostri legami affettivi, la nostra relazione con Dio, ma tocca anche la comunità. Papa Francesco lo ha scritto chiaramente che la carità è anche una questione sociale e politica:
“L’amore, pieno di piccoli gesti di cura reciproca, è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore. L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche «macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici». Per questo la Chiesa ha proposto al mondo l’ideale di una «civiltà dell’amore». L’amore sociale è la chiave di un autentico sviluppo: «Per rendere la società più umana, più degna della persona, occorre rivalutare l’amore nella vita sociale – a livello politico, economico, culturale – facendone la norma costante e suprema dell’agire»” (Laudato si’ n. 231).

TEMPO DI SILENZIO
Vi invito ora a un momento di silenzio personale. In questo tempo, lasciate che la Parola di Dio entri nel vostro cuore. Riflettete in particolare su queste domande:
• Mi sento veramente scelto e amato da Gesù? Come rispondo a questo amore?
• Quali sono le situazioni concrete in cui sono chiamato a testimoniare l’amore di Dio?
• In che modo posso essere costruttore di pace e testimone della “civiltà dell’amore” nei miei ambienti di vita?
Prendiamoci alcuni minuti di silenzio per lasciare che lo Spirito Santo parli al nostro cuore.

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