Una equità che consenta a tutti di vivere bene – XXVI per annum 2025 – Dedicazione chiesa di Rivoltella

XXVI per annum 2025
(Am 6,1a.4-7; Sal 146; 1 Tm 6,11-16; Lc 16,19-31)
Dedicazione chiesa di Rivoltella

          “C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti”. Sembra una favola, ma quella che Gesù si appresta a raccontare è la realtà, a tal punto imbarazzante che la tentazione è quella di sorvolare, accontentandosi di un cristianesimo tutto casa e chiesa. Mentre è anche mondo. Anzi, il punto è denunciare le ingiustizie economiche e sociali, determinate anche oggi dall’idolo che è chiamato Mammona, cioè la ricchezza. Non a caso la parabola mette in scena un uomo ricco. Non si dice che faccia qualcosa contro qualcuno. Se ne sta comodamente disteso a casa sua a banchettare lautamente: avete presente la “gintoneria” di Milano giunta alla ribalta della cronaca tempo fa? Ma il limite è che questa presunta autosufficienza rende insensibili, ottusi e si finisce per non accorgersi del povero, della povertà. Anche noi rischiamo di essere sempre dalla parte di chi ha, di chi è sazio e per questo – in modo conformista – troviamo una marea di ‘distinguo’ per dire che alla fine i poveri “se la sono cercata”; che i migranti è gente che vuol fare la pacchia alle nostre spalle, che chi rimane indietro è affare suo! Ma questa reazione così istintiva e così diffusa non è cristiana ed è lontana mille miglia da Gesù che al suo tempo scandalizzò tutti mettendo in crisi l’equazione benessere economico=benedizione divina. Non è vero che chi ha di più sta sotto lo sguardo di Dio e chi non ha è uno sfigato. La ricchezza che è per tutti non può finire solo nelle mani di pochi.

Proprio la seconda parte della parabola lo lascia intendere. Perché ad uno schiocco di dita la situazione si capovolge. La morte più che una “livella” sembra una “catapulta”. All’improvviso il ricco sprofonda nell’inferno, tra i tormenti e il povero invece nel grembo di Abramo. E qui accade di ascoltare un dialogo impossibile. C’è un ultimo tentativo che il ricco prova a mettere in campo con la richiesta di un effetto speciale, ma Abramo ha cura di precisare che “se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Quale è il senso di questa parabola che è poi la realtà? Per aprirsi ad essa occorre valorizzare la Scrittura e il povero. Entrambi ci mettono a contatto con la realtà. A questo serve una chiesa come quella che stasera inauguriamo. A tenere in attenzione la Parola che ci costringe ad aprire gli occhi sulla realtà e a non chiudere gli occhi sul povero che segnala il limite di una società non ancora pienamente sviluppata. Una chiesa, come a dire la comunità cristiana, è collocata al centro di un territorio per richiamare a queste due fondamentali realtà. La disuguaglianza che è sotto gli occhi di tutti non potrà mai essere santa se la comunità cristiana non se ne fa carico cercando di ridurre la forbice tra ricchi e poveri e introdurre una equità che consenta a tutti di vivere e di vivere bene. Come ammonisce Paolo: “Tu, uomo di Dio,… tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza”. In questi tempi folli di questo c’è bisogno.

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