C’è bisogno della perseveranza – Incontro Famiglia Padre Pio

Sabato della XXIV per annum 2025 – Incontro Famiglia Padre Pio
(1 Tm 6,13-16; Sal 100; Lc 8,4-15)
Centro Carraro in Verona, sabato 20 settembre 2025

Figlio mio,… ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo”. Paolo nel tracciare il ritratto del pastore ideale, confida a Timoteo una qualità tra le altre: la perseveranza. Ai nostri giorni sembra una virtù, cioè una forza, priva di spessore, tanto veloce è il cambiamento e, di conseguenza, la nostra personale volubilità. L’Apostolo, al contrario, raccomanda in tono esplicito che questa capacità di reggere all’usura del tempo e alle capriole della vita è legata all’attesa del Regno.

Anche Gesù nella sua celebre parabola del seme sembra accentuare la stessa qualità: “Il seminatore usci a seminare il suo seme”. E si capisce che questo generoso contadino è Dio stesso che sparge a piene mani il seme che cade parte “lungo la strada”, parte “sulla pietra”, parte “in mezzo ai rovi”, parte “sul terreno buono”. La spiegazione che segue è già un’interpretazione della parabola. La strada è il via vai di pensieri e di esperienze che finiscono per calpestare le intuizioni giuste che soccombono alla frenesia del tran tran quotidiano. La pietra dice della impenetrabilità che si frappone al seme che non riesce ad attecchire a motivo di questa ottusità che non fa attecchire in profondità il bene, la cui dolcezza non affascina. I rovi sono le spine della vita che nascono dal rincorrere piaceri di breve durata che rendono cocciuti e insensibili, svuotandoci dal di dentro. Finalmente la terra buona è la disponibilità semplice e sincera che accoglie e senza accorgersene porta a compimento cose inimmaginabili.

Anche oggi in questo momento di grave turbamento geopolitico ed esistenziale c’è bisogno soprattutto della perseveranza per arrivare a veder fiorire questo lembo di terra dove si vive, squassato dalle ferite di una devastazione che è sanguinante. Ci vuole gente perseverante, costante, non altalenante e sempre in via di fuga. Non lo siamo quando perdiamo lungo la strada la linea dell’orizzonte e cioè l’obiettivo di condividere un tratto di esistenza senza contendersi nulla. Non lo siamo quando ciascuno cura solo sé stesso e perde di vista l’insieme, duri come la pietra che non riesce a capire che il mio problema è anche il tuo. Non siamo perseveranti quando ci lasciamo prendere da interessi e piaceri immediati e come i rovi ci facciamo del male perché andiamo in ordine sparso. Siamo invece perseveranti quando come la terra buona accogliamo la persuasione che se ne esce da questo grande fallimento solo se uniamo le forze e stiamo concordi sulla stessa posizione.

Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!”. Gli orecchi più necessari sono quelli del cuore che avvertono profondamente il grido della gente che soffre e della terra che non ce la fa più a essere sostenibile. Occorre che le orecchie del cuore si aprano e allora sarà possibile percepire le cose come stanno e dare continuità alla nostra resilienza.

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