Allegato: Corpus Domini 2025
Solennità del Corpus Domini 2025
(Gen 14, 18-20; 1 Cor 11, 23-26; Lc 9, 11b-17)
Cattedrale di Verona e processione eucaristica, domenica 22 giugno 2025
“Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta”. Il suggerimento dei Dodici al Maestro sembra concreto e di buon senso. Ma Gesù non abbandona la gente al suo destino. Egli è venuto per sfamare l’umanità e non può piantarla in asso nel momento in cui prova i morsi della fame. Anche perché il ‘deserto’ non è solo ‘esteriore’, ma è ‘interiore’. In effetti, l’uomo del XXI secolo è un uomo ormai insicuro, stanco di trascinare da solo la propria vita, un “uomo “di sabbia”, che ha chiuso la porta a qualsiasi forma di vita spirituale. Non soltanto ne ha perso il piacere, ma crede di non averne più bisogno. E in tale perdita vede un progresso, la giusta fine di un’illusione, se non di un grande inganno. Nell’Occidente è venuto così meno il soffio vitale. Viviamo più liberamente, a una maggiore velocità, più a lungo, però respiriamo male. La materia soffoca, il vuoto schiaccia. Senza la dimensione spirituale la vita “non diviene forse ancora di più un’incombenza faticosa, una vana inquietudine, una spossante ricerca di senso? Il tempo umano non diviene forse una corsa, la vecchiaia la peggiore delle ingiustizie e la morte lo sgomento più terribile?” (C. Ternynch).
“Gesù disse loro: voi stessi date loro da mangiare”. “Dar da mangiare” nella sua originaria esperienza è per tutti noi quel che si chiama una madre e un padre. Oggi sono sempre di meno quelli che “danno da mangiare”. Le nostre nonne avevano l’ossessione del cibo e cucinavano tutto il giorno. Non volevano che i loro nipoti patissero quello che avevano sofferto loro. Oggi il problema è diverso. Non tanto perché la nostra società fa un terzo dei figli che si facevano all’apice del boom economico, ma perché sta scomparendo dall’orizzonte di tante e di tanti la prospettiva di mettere al mondo dei figli. Sia chiaro: qui non voglio farne un problema sociale o economico, ma esistenziale. Perché quando si smarrisce questo desiderio di “dar da mangiare” si perde la gioia più intensa e innocente della vita. Mia madre dice sempre che allattare è la cosa più bella che le sia capitata. Lo dico da persona che non ha figli: chi ha la fortuna di diventare genitore compie il più grande gesto di altruismo possibile: dare da mangiare!
“Tutti mangiarono a sazietà”. Il miracolo di Gesù, grazie ai Dodici, sfama e disseta tutti senza eccezione e conferisce il senso dell’abbondanza. Chi potrà regalarci questa possibilità? Solo Dio sfama e disseta. E per di più in modo sostenibile. Pensiamo all’acqua o alla terra che sono risorse sempre più rare. Solo a partire da una prospettiva spirituale si avrà la forza di invertire il trend e di goderne tutti. Diversamente il rischio è lo scontro e la guerra, come si vede. E’ per questo che Gesù ha legato la sua memoria viva e vivente alla ripetizione del gesto della moltiplicazione dei pani. “Fate questo in memoria di me”. Perché la fame del mondo che è fame di pane e di vita si vince soltanto insieme e concretamente imparando a con-dividere. Come Gesù Cristo ci mostra.
Premessa alla celebrazione dell’Eucaristia prima della processione
Alla domenica il caffè ha un altro sapore. Non necessariamente più intenso, sicuramente più gustoso. Non è questione di acqua, ma del tempo che abbiamo per poterlo sorseggiare. Non c’è l’ansia che ci sorprende ogni mattina per affrontare la giornata. Si capisce che la domenica non è come gli altri giorni. Anche i più piccoli se ne accorgono quando scoprono di avere i genitori tutti per loro. E il tempo scorre diversamente perché si ha come la sensazione di poterlo finalmente padroneggiare. E non da soli, ma insieme a quelli cui vogliamo bene. Sta qui la radice di un tempo diverso che è lontano sia dal tempo del lavoro che da quello dello svago. È il tempo della festa! Non si vive di solo lavoro, né di solo tempo libero. Ci vuole la festa che fa ritrovare il gusto di stare insieme. È nel fare memoria di Gesù che veniamo ogni volta raccolti dalle nostre dispersioni quotidiane, grazie al dono del suo Corpo e del suo Sangue! Ecco perché il cristiano non può vivere senza la domenica, cioè senza l’Eucaristia. Anzi, la domenica è l’altro nome del cristiano.